martedì 3 luglio 2012

Triste fine...2^ ed ultima parte.


(Immagine della prestigiosa fiera del settore: Proposte, tradizionalmente ubicata nella magnifica cornice di Villa Erba, a Cernobio, sul Lago di Como)

La triste fine di una bella storia, 2^ Parte

Quando anche noi iniziammo ad importare, anche se in minima parte, tessuti dalla Turchia, il loro costo era neppure la metà che se li avessimo fabbricati in Italia. Potevamo inoltre venderli guadagnandoci in percentuale assai di più!
A Maggio 2006, quando con titolare e direttore commerciale andammo ad Istanbul, per la locale grande fiera del tessile d’arredamento.
C’erano stati svariati contatti preliminari con Fabbriche Turche più o meno importanti ed avevamo considerato la nuova iniziativa come “test”.
Avremmo formato una collezione, piccola ma completa, cui avremmo attribuito un nome nuovo per distinguerla:“Elleline”, offrendo su quei prodotti la pronta consegna di pezze corte (25-30 metri invece dei 50-60 nostri abituali).
Avevamo poi anche deciso che la distribuzione logistica, non essendo noi attrezzati per quel tipo di lavoro, sarebbe avvenuta tramite un nostro cliente Rivenditore, cui avremmo attribuito l’incarico fornendogli la merce in conto deposito.
La fiera di Instambul mi confermò lo strapotere emergente di quella temibilissima realtà: c’erano Fabbriche con 2.500 operai e 700 modernissimi telai…Per arrivare a cifre del genere in Italia bisognava mettere insieme le 10 principali Aziende nazionali ! Cioè oltre la metà dell’indotto complessivo !

Tutto era iniziato circa 15/20 anni prima, quando il Governo Turco aveva deciso di finanziare alla grande la propria Industria Tessile, la cui cultura tradizionale nel campo dell’Arredamento aveva radici antiche.
Le scelte produttive si erano poi concentrate sulla produzione di “tessuti per tendaggi e copriletto”, relativamente più semplici da produrre. Nacque così un nuovo polo produttivo ad altissimo potenziale, alternativo a quelli tradizionali USA e soprattutto Europei.
Potenziale che si esprimeva innanzitutto nei prezzi !

Per diversi anni il nuovo fenomeno non ci aveva allarmato più di tanto:
la “qualità” che era in grado di proporre era ben lontana dalla nostra, cioè quella richiesta da nostri clienti tradizionali. Inoltre l’attendibilità dei Turchi, in termini di puntualità delle consegne, costanza della qualità, rispetto dei termini contrattuali, continuità dei prezzi…lasciava molto a desiderare.
Ciò che c’indusse a prenderli sottogamba: valutammo che non sarebbero mai arrivati a disturbarci!
Poi la musica cambiò. Il primo, palese grido d’allarme si verificò ad Heimtextile,
la Fiera di Francoforte, a Gennaio 1996 o giù di lì.
La grandissima Fiera Tedesca ospitava tradizionalmente produttori di tutto il mondo, tra cui ormai da qualche anno anche i Turchi.
Ma quell’anno ci fù un’emergente Azienda Turca, la Dina, che si presentò alla grande nel nostro stesso Padiglione, proponendo inaspettatamente tessuti del tutto equivalenti a quelli contemporaneamente esibiti dalle aziende Italiane più qualificate: Fiorete, Leutenda, Giber ! Ma erano cari, per i parametri Turchi: costavano solo…la metà dei nostri !
Il fatto fece epoca, divenendo più che un campanello una sirena d’allarme !
Ma ci fù comunque ancora chi, infilando la testa nella sabbia come fa lo struzzo, sostenne che non c’era comunque da temere…, i Turchi, si sapeva, restavamo comunque inaffidabili…
Cos’era dunque successo ? Semplicemente ciò che sempre o quasi accade !
Le Fabbriche Turche, quali più, quali meno erano cresciute e avrebbero continuato a farlo, inesorabilmente…La Dina prima e più di ogni altro.
Cresciute nella cultura, nella tecnologia, nei modi di produrre ed in quelli di vendere, anche grazie a tecnici e stilisti…Italiani !!
Ebbi modo di vedere quei prodotti da vicino, sentirne i prezzi e…spaventarmi moltissimo ! Seppi poi che ad organizzare la Dina per le vendite dei suoi prodotti, soprattutto verso il mercato Europeo, fù anche l’ex direttore generale della Fiorete, l’Azienda leader Italiana nelle fasce alte del mercato.
Che io onoscevo benissimo, avendolo frequentato per 15 anni in Fiorete: aveva tutta l’esperienza e la capacità necessarie per aiutare molto la Dina a crescere a quel livello di mercato: era un tecnico di produzione, con tutto il know how necessario, ma era anche un esperto commerciale, avendo per molti anni personalmente seguito i principali clienti d’Europa. Andato da poco ufficialmente in pensione si stava divertendo ad aiutare al meglio qull’eminente fabbrica Turca, forse soprattutto contro Fiorete, verso la quale poteva avere, oltre a qualche motivo di riconoscenza, anche un po’ di rancore…
Ma quella volta tornammo a casa e ben presto ci dimenticammo dei Turchi, sempre più potenziali “invasori” del nostri mercato e tuttavia stimati ancora molto lontani… Si, ogni tanto ce li rammentavamo, ne parlavamo, ma come una vaga eventualità teorica, stimata poco attendibile e quindi non preoccupante.
Ne parlavano anche i miei clienti, i grossi Distrubutori della produzione, ma anche loro come un’eventualità tuttavia improbabile…

Quante volte li sentii affermare: noi non compreremo mai dai Turchi !

Ma nel frattempo c’era chi con i Turchi aveva già cominciato a lavorare alla grande: la ditta Monti&Monti di Bologna.
Raffaele Monti, mio difficilissimo cliente, era e resta un vero “pescecane” (altro che il sottoscritto), gran lavoratore, dotato di gran determinazione, ambizione e noteviole intuito, cui unisce assenza di scrupoli e capacità di trattativa più che “lavantine”. Cioè uno in gambissima !
Il suo lavoro è sempre stato fondamentalmente atipico, nel senso che lui “odia” la Distribuzione tramite i Cataloghi, previlegiando assolutamente le vendite “in pezza”, realizzate cioè “al passaggio”, una tantum, tramite i suoi perlopiù sempre nuovi venditori ( ha sempre avuto un elevato“turn over” di collaboratori), che spreme come limoni e poi butta…
Per lavorare in quel modo e guadagnare bene (come giustamente ama molto fare) deve avere sempre prodotti “novità”e/o prezzi estremamente competitivi.
Ciò che un tempo gli riusciva assai bene continuando a girare per le Fabbriche nostrane, strappando contratti con le più vantaggiose condizioni.
Contratti che poi facilmente disattendeva quando non gli faceva più comodo, finendo spesso con il litigare con ogni fabbricante. Tranne riallacciare in seguito di nuovo i rapporti, ripartendo a fare da capo il giro dei fornitori, essendo passata sufficiente acqua sotto i ponti per lavare il ricordo dei dissidi verificati…
Questo modo di acquistare Monti Raffaele lo trasferì poi in Turchia, il primo a farlo ed a dichiararlo vantandosene: ricordo quando ancora vent’anni fa mi avvertiva con la minaccia “Mamma, li Turchi !”.
In tempi ancora non sospetti, alla bellissima Fiera di “Proposte” di Cernobbio, sul lago di Como, indicandomi i vari Stand che ci circondavano, tra cui il mio, Monti mi disse. “Caro lei, vede tutti questi bei nomi qui intorno…fra qualche anno saranno in gran parte spariti, spazzati via dalla Globalizzazione feroce, cioè da Turchi, Indiani e Cinesi…”
Purtroppo ha avuto in gran parte ragione !
Oggi Monti importa soprattutto dai Cinesi, i Turchi essendo diventati troppo cari !
E’ organizzato in Cina con suo personale diretto, appositamente addestrato, che segue le lavorazioni dei prodotti presso le Fabbriche da cui acquista e fa il “controllo qualità” prima di ogni spedizione ! Ciò che è fondamentale con i Cinesi per ottenere, oltre ai prezzi ridottissimi, anche qualità attendibili e consegne in tempi reali.

(la magnifica sede della fiera di Proposte)

Per diverso tempo la diffidenza per i prodotti Asiatici fù alta e giustificata e noi fummo più o meno come la guarnigione ai limiti del deserto, nel famoso libro di Buzzati, in attesa dei “Tartari”, pericolo che pareva essere più emblematico che reale !
A ritardare molto il loro avvento sul nostri mercati era il sistema di vendite fatte “su cataloghi”, cioè almeno il 90% del totale, che presuppone parametri inderogabili di qualitàcostante, puntualità delle consegne, stabilità dei prezzi !
Parametri che per molto tempo i Turchi furono ben lontani dal garantire.
Non parliamo poi dei Cinesi…
Assai meglio potevano essere gli Indiani, che però hanno una produzione tradizionalmente limitata alle “sete”, e sono comunque problematici da gestire, a causa dei loro “ritmi”, di certe loro fisime e del fatto che sono…molto gentili e disponibili, ti dicono sempre di si, poi fanno quel cavolo che vogliono !

Ma nei primi anni 2.000, le cose cominciarono a cambiare:
i Turchi, ormai giunti a saturazione della loro crescita “esplosiva”, capirono che per poter continuare dovevano cambiare registro, offrendo maggiori garanzie in termini di qualità, consegne e stabilità dei prezzi, allineando anche le quantità minime richieste per ogni lotto produttivo alle esigenze dei principali clienti, quelli Europei in particolare. Seguirono quindi sempre più l’esempio della citata Dina, sforzandosi di entrare con quella in concorrenza.
Questa trasformazione divenne poi paradossalmente funzionale persino alla…sopravivenza di molte Fabbriche Turche, ormai messe in crisi dalla concorrenza, sempre maggiore, dei Cinesi…! Chi la fà…l’aspetti !
Si arrivò al punto che alcune aziende Turche cominciarono ad importare dai Cinesi articoli che poi rivendevano come fabbricati da loro, ma che se fossero stati veramente da loro prodotti sarebbero costati ben di più !
Ed alcune notevoli Fabbriche Turche, grandi ed importanti, arrivarono velocemente al fallimento, così come rapidamente erano cresciute !

Tutto ciò finì con il favorire un sempre più crescente ingresso di prodotti Turchi sul mercato Italiano ed Europeo in generale. I principali distributori iniziarono assai cautamente con dei test di acquisto, verificati positivamente i quali poi allargarono velocemente verso l’importazione diretta di quei prodotti.
Inizialmente si vergognavano perfino di ammettere di fare ciò che, solo qualche anno prima, avevano escluso in linea di “principio” sarebbero mai arrivati a fare. Ma nel mondo del“business”( e non solo…) le… linee di principio…seguono demarcazioni estremamente condizionate dall’opportunità mercantile…
Agli inizi del 2.009 miei principali clienti ormai acquistavano soprattutto in Turchia, in India ed in Cina.
Alla fiera di Instambul nel 2.006, quei Clienti erano tutti presenti, in visita, giustamente “per farsi un’idea”…
Ora, nel 2.009, grazie ai miei ottimi rapporti, ottenni la loro disponibilità per una dimostrazione, dolorosa ma indispensabile.
Accompagnai i capi in testa dell’Azienda a visitarli: ci fecero vedere i dieci prodotti più venduti delle loro Collezioni: 6 o 7 dei quali, cioè due terzi, arrivavano da Est, soprattutto dalla Turchia !
Nessun nostro articolo era compreso nei primi 10 !

Era infatti contemporaneamente accaduto che le nostre produzioni fossero divenute sempre meno “commerciali”: talora bellissime ma a prezzi invendibili, perlopiù invece care, banali, affatto accattivanti, qualitativamente problematiche…
Risultato: i principali clienti, ma anche la maggior parte degli altri, ci stavano progressivamente abbandonando, e le nostre vendite erano in caduta libera, senza eccezioni o quasi.
Ogni possibile tentativo di recuperare, anche solo di arginare, risultava inutile.
Nel 2009 il mio fatturato era sceso a meno di un terzo di quello che era stato 5 anni prima !
Ma le vendite non raggiungevano nemmeno un quinto ! Questo sfasamento era sempre dovuto dalla diversità dei “tempi”, per cui le “vendite” diventavano fatturato solo dopo un anno o due da quando erano state concretizzate.
E le mie vendite sarebbero state perfino assai inferiori, se non grazie ai prodotti di importazione Turca, che avevamo introdotto nel 2007 grazie ai quali riuscivo ancora a combinare qualcosa ! Ma certamente non potevano con quelli risolvere la grave debacle: erano pochi e perlopiù non utilizzabili con i principali clienti, che richiedevano sistematicamente l’esclusiva di disegni e motivi.

In Azienda si erano ormai stancati di chiedermi “come mai” non si riuscisse a battere un chiodo…Ed io mi ero stancato di ripetergliene le cause, ovvie, palesi ed assolutamente generalizzate a tutto il nostro settore e mercato !
Soprattutto mi ero ormai, lo ammetto, rassegnato all’inevitabile, disastrosa “fine”, che si stava inevitabilmente prospettando: non c’era più storia, stavamo precipitando…

Da tempo mi ero anche stancato di perorare l’unica, a mio avviso, possibile soluzione:
“dislocare” la produzione ad Est, in India o in Turchia, magari definendo una compartecipazione, una “partnership” con qualcuno dei fornitori di quei Paesi che già avevamo avuto modo di conoscere e verificare.
Quella sarebbe stata, insisto, l’unica possibilità di salvezza, se ben fatta e meglio organizzata !

C’erano stati degli abboccamenti, dei tentativi di approfondimento di questa possibilità, ma a mia sensazione troppo tiepidi, molto blandi, con scarsa convinzione ed una forte prevenzione di base.
In India andò anche brevemente il nostro direttore della Fabbrica, ma senza poi alcun seguito.

Ci sarebbe voluta ben altra determinazione e convinzione, io credo, di quella che fù in realtà impiegata.
Con gli Indiani non era facile, data la loro tipica flemma, il loro fatalismo culturale di fondo, che ne condiziona tuttavia ambizioni e ritmi.
Ma con i Turchi avrei visto meno problemi, bisognava più che altro stare attenti a pararsi il…didietro…. Come del resto accade spesso anche in Italia, soprattutto in certe zone. Purtroppo ci furono solo vaghi tentativi, senza una vera convinzione.

Poi se ne andò il direttore commerciale…
O meglio fù spinto a farlo: già in pensione, ma continuava a lavorare con un contratto “a progetto”, che alla scadenza non gli fù rinnovato.
Divenendo così, indebitamente a mio avviso, il capro espiatorio di molte cose che stavano andando male: fui sorpreso di constatare come diversa gente non lo “amasse” più che non lo apprezzasse…Certamente il gallo non ebbe il tempo di cantare per lui una terza volta…
Personalmente ne fui altrimenti dispiaciuto, per tanti ed ovvi motivi, ma anche perché era un ulteriore indiscutibile segnale…, ma ormai la situazione era tale per cui ciò diveniva un particolare quasi irrilevante nel contesto.
La sua estromissione conseguiva probabilmente tensioni e progressivo disaccordo con la proprietà, che a quel punto si era illusa di potersi salvare dal tracollo in atto puntando al massimo sui soliti clienti d’ area Tedesca, tra cui diversi dei principali Editori mondiali del settore. Da almeno due anni era già stata assunta una stilista Svizzero Tedesca di San Gallo, proveniente da azienda leader nella distribuzione del tendaggio, ed ora fu anche assunto un altro signore, proveniente dalla stessa azienda, con il ruolo di responsabile commerciale, chiaramente con lo scopo di rilanciare le vendite verso il mercato da cui lui proveniva !
Ebbi con lui un paio di colloqui, mi chiese una relazione sulla situazione della zone che io seguivo. Letta la quale, essendo uomo di marketing, mi parve concordasse con la mia analisi circostanziata e motivata e condividesse ciò che io avevo esposto: non c’erano soluzioni, se non forse quella, comunque ardua, che già era stata abbandonata, e per quel poco ancora che io rimasi in Azienda continuammo a salutarci con sorrisi e frasi di circostanza, null’altro.
Lui poi, come ben già ovviamente sapeva, riuscì a combinare ben poco, perché di più non si poteva: non sopravisse alla fusione che l’anno dopo fù conclusa con altra Tessitura di Chieri. Che praticamente segnò la fine.

Io cessai ufficialmente il 31 Marzo 2009, andando di fatto in pensione.
Avevo 68 anni ed ancora voglia e…necessità di guadagnare..
Anche per questo fù una decisione pesante, ma le prospettive non permettevano alcuna illusione: eravamo ormai sull’orlo del baratro ! Il mio grosso rischio ora era quello di non riuscire ad incassare la liquidazione che mi competeva !
Più aspettavo più quel rischio aumentava !
Alla fine del 2008 concordai le mie dimissioni con i titolari, padre e figlio,
definendo anche i modi di pagamento di quanto dovutimi: per oltre la metà dell’importo dovetti accettare anche cessioni su tratte emesse su due miei clienti, con scadenze sino ai primi mesi del 2010 !
Ciò che, aggiunto a tutto il resto, fù occasione di stress che non favorì certo la mia salute, già da qualche tempo alle prese con noiosi problemi.
Comunque alla fine riuscii a portare a casa tutto il dovutomi, nonostante il fallimento di uno dei clienti su cui le tratte erano state emesse: le ultime due protestate mi furono reintegrati dalla traente, come previsto.
In definitiva i titolari si comportarono con me al meglio delle loro possibilità, così come sempre, e così come anch’io sempre avevo fatto con loro.

Riuscii perfino a prolungare di tre mesi, fino a Luglio, il mio ritiro dal lavoro.
Era successo che nel frattempo anche mio figlio, che da diversi anni lavorava in Azienda come funzionario commerciale, soprattutto verso l’Esportazione, se ne fosse andato anche lui, fortunatamente trovando collocazione assai meno a rischio e perfino più remunerata, perciò mi fu richiesto di rientrare per dare una mano.

Ma sia in quei tre mesi, come del resto già negli ultimi anni precedenti, ben poco mi fu possibile combinare !
Ormai non c’erano più reali possibilità di “vendite”, se non totalmente marginali. Il poco fatturato ancora attivo derivava dai contratti fatti ormai anni prima e, in minor misura, dalle vendite dei prodotti d’importazione Turca.
I miei clienti, soprattutto i più importanti, si negavano sistematicamente, perlopiù con imbarazzo. Quando riuscivo a fare una presentazione dei nuovi prodotti, se mi chiedevano dei campioni era sicuramente per farli copiare in Turchia o perfino in Cina !
Ma questo è il quadro della situazione che caratterizzò il mio lavoro negli ultimi due anni, e già prima la tendenza era apparsa progressivamente inesorabile.

Conscio del fatto che il mercato in generale era messo malissimo, che nel mio settore stavano fallendo, comunque chiudendo sia Fabbriche che Distributori e che alla mia età era ormai pressochè anacronistico sperare di trovare ancora lavoro, consigliato opportunamente anche dal mio commercialista, depositai definitivamente la mia partita IVA, parte che avrei dovuto comunque ritirarmi, per conclamare il mio diritto alla liquidazione, dovutami solo nel caso io fossi andato in pensione.
E così fù.

Nel frattempo il mio pronostico sulla fine dell’Azienda si è purtroppo avverato, nei modi e nei tempi. Ricevo notizie alterne, una peggio dell’altra: le ultimissime indicano il giovane titolare della Ditta originale estromesso dai soci della nuova aggregazione, proporsi in giro alla ricerca di una qualche altra soluzione, mentre sicuramente sono avviate le beghe legali…
Gli faccio comunque i migliori e più sinceri auguri !

Conclusione:
in un paese in cui le tasse sono al massimo (il dato più recente indica il 67% sui redditi, tra imposte dirette, indirette, aggiuntive ecc.ecc.ecc…, cioè il 50% in più della media CEE), il costo del lavoro è altissimo, il sindacalismo si esprime a livelli autolesionistici, i costi dell’Energia sono i più alti nel mondo, i trasporti sono tra i più cari e datati, la percentuale della popolazione attiva è la più bassa, quella dedita al “pubblico impiego”…è la più alta, le Aziende sono spesso considerate, in linea di principio, come potenziali evasori fiscali e sfruttatori del popolo…

l’Economia dipende da fragilissimi equilibri ed è totalmente esposta agli effetti della Globalizzazione selvaggia in atto.

Si salvano giusto quelli che riescono a “delocalizzare”, cioè trasferire ad Est le loro Fabbriche, o che importano comunque i prodotti base dai paesi terzi a basso, bassissimo costo, o che ottengono assistenza previlegiata dallo Stato, a spese dei cittadini salassati (come l’Auto per le rottamazioni, come tutto il comparto delle Energie Rinnovabili, comunque alternative, super incentivate!), o che sono ammanicati con i Partiti e riescono perciò ad ottenere altri tipi di aiuto…
Nonostante c’è che sostiene che stiamo meno peggio della media Europea.
Sarà vero ?

Purtroppo in questo meno peggio non c’è più L’Azienda in argomento, solo pochi anni addietro piccola ma valida Industria, ricca di strutture, di cultura imprenditoriale, di know how, di successi conclamati, vittima innanzitutto della Globalizzazione incontrollata, e della sua incapacità di soluzionarsi nell’unico modo possibile: una difficile, problematica, ma assolutamente indispensabile “delocalizzazione”.
Soluzione che non sarebbe comunque stata facile da perseguire.
Peccato !
Inutile dire quanto dispiaccia, a me come sicuramente a tanti altri.
Che mai avremmo pensato sarebbe andata a finire così.

E così, mestamente, finisce questo ciclo di racconti, dedicato alle Imprese con cui nella mia vita mi sono trovato a collaborare.

(Francoforte: a sinistra il grattacielo del "matitone" che fà parte della grande fiera del tessile d'arredamento: l'Heimtextile")


Nota sui racconti pubblicati, sopratutto in questo ciclo.

Voglio precisare che quanto ho scritto corrisponde esattamente ai ricordi del mio vissuto, senza alcuna deformazione dei fatti avvenuti.
Lo scopo di questi racconti essendo unicamente quello di rappresentare, in maniera oggettiva un mondo specifico nel suo contesto storico, quello del “business”, Commercio&Industria in Italia, nel quale mi sono ritrovato a lavorare per circa mezzo secolo.
Narrazione che può avere un suo valore, in quanto molto articolata in una vasta gamma di esperienze, in settori, tempi, ambiti e livelli anche molto eterogenei.

Voglio sottolineare che tutto quanto ho scritto corrisponde solo all’istanza qui sopra definita, non avendo assolutamente alcuna intenzione di recriminare, denunciare, stigmatizzare persone e fatti che appartengono quasi tutti ad un passato sul quale il tempo ha avuto, ove fosse stato necessario, tutta l’opportunità di stendere la sua patina neutralizzante, che anestetizza nell’oblio passioni, pulsioni ed eventuali rancori.

Mi scuso comunque se ho involontariamente offeso o disturbato qualcuno, anche solo per il semplice fatto di averlo tirato in ballo.
Resto per altro come sempre disponibile per ogni chiarimento, consiglio, precisazione o rettifica fossero utili ed opportuni.

The lonely dolphin.



















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