Triste fine di una bella storia.
1^ Parte
Con questo racconto chiudo la serie dedicata a "B.&A., dilettanti allo sbaraglio",
ed è sicuramente la storia più difficile e dolorosa da raccontare: per come si è conclusa.
Era stata per mezzo secolo una tipica, piccola Industria, esemplare di un mondo imprenditoriale sano, attivo, produttivo ed intraprendente, che nel "Tessile Comasco" trovava grande espressione, con vasta eco a livello mondiale.
Un mondo con una sua radicata cultura imprenditoriale, basata su di una tradizione di conoscenze tecniche, stilistiche e commerciali continuamente rinnovate ed aggiornate in ogni modo possibile, sempre attenta a tutti i parametri di evoluzione e miglioramento, sempre pronta ad investire, senza riserve, in ogni nuovo dispositivo "up to date" potesse renderla ancor più efficace e competitiva nella sua "missione" per il lavoro, per il giusto profitto, per l'affermazione del suo "nome" tramite risultati commerciali di successo.
Nel caso di quell'Azienda missione, profitto, nome e risultati cui concorrevano, per lo più alacremente e con giusto orgoglio mediamente 70 - 80 persone, partecipandovi il destino economico di quasi altrettante famiglie !
Tutto questo ora non è più: la "Tessitura", l'efficente Fabbrica, continuamente riammodernata e riattrezzata, ha chiuso i battenti alla fine del 2009, lasciando in..."mobilità" una cinquantina di dipendenti. Altri se ne erano già andati, avendone avuto l'opportunità. Pochi altri infine avevano accettato il trasferimento a Chieri, vicino a Torino, dove teoricamente sarebbe continuata la vita dell'azienda, fusasi con altra del settore, da quelle parti ubicata.
Teoricamente perchè le prospettive e le probabilità di continuare si basavano su presupposti in realtà purtroppo inconsistenti.
Ed infatti le informazioni ora circolanti confermano la cessazioni di quel sodalizio, nato su basi ed in un contesto troppo fragili per poter reggere nel tempo.
L'epilogo triste di questo ultimo racconto per ribadisce la tristezza d'animo per cui mi ci dedico...
Seppure potrò invece riferire tantissime cose liete, fatti positivi, risultati anche eclatanti che hanno fortunatamente caratterizzato gran parte dei mie lunghi ed intensamente vissuti sedici anni di lavoro con quell'Azienda.
Come e perchè si sia arrivati infine alla funesta conclusione...non intendo ora anticiparlo. Mi limito solo a fare un'affermazione che forse deluderà qualcuno: io credo di aver ben chiaro il quadro della situazione che ci portò al disastro e che sicuramente furono commessi degli errori che contribuirono all'esito infausto. Ma nel definirne il gioco delle responsabilità non vedo sbagli tali che, se evitati, avrebbero veramente impedito ciò che poi è stato.
Sopratutto voglio dire questo: gli eventuali rimedi sarebbero stati in realtà di portata tale da trascendere ampiamente la consapevolezza a la condivisione di coloro che risultarono infine essere i più critici e determinati nel voler definire le colpe dei titolari e loro collegati.
In altri termini, banalissimamente: a parlare si fà presto...!
Per quanto mi riguarda fui sicuramente tra i primissimi a lanciare l'allarme, in tempi quasi "ancora non sospetti" e fui anche determinato, assiduo assertore della necessità di assumere i provvedimenti, che espressamente indicai come gli unici possibili, gli stessi di cui oggi resto tuttavia convinto.
Ai quali, avendo avuto ormai diversi anni per rifletterci, non sono ancora riuscito a trovare alternative possibili.
Molto semplicemente la "delocalizzazione" almeno parziale della produzione in Turchia e/o India.
Ma ai primi di Gennaio del 1993, quando iniziai la mia collaborazione, la realtà delle cose era totalmente diversa.
Così come impensabile ed imprevedibile, alla stessa stregua di uno …"Tsunamì Svizzero" era cio che poi accadde quindici anni dopo !
A Gennaio del 1993 ebbi il piacere di essere Francoforte, alla grande fiera mondiale di Heimtextile, poi a Parigi, alla più piccola ma molto specialistica "Exibition des Editeurs", ospite del'Azienda e presentato alla clientela come nuovo agente e consulente commerciale di Leutenda per il Nord Italia.
Clientela che quasi tutta mi conosceva benissimo ormai da molti anni perchè già collegato ad altra importante Azienda da cui provenivo.
L'Azienda doveva banalmente il suo nome da quello del titolare, il Sig.Roberto , di origine Svizzero Tedesca, da sempre residente in Italia, un signore molto alto e longilineo, capelli biondi ed occhi chiari, un bell’uomo, molto distinto e compito, che oggi si avvicina agli 80 anni, temo assai tristemente a causa della fine della sua Azienda. Per due volte, credo e spero viva ancora con la terza moglie, l’unica che ho avuto modo di conoscere abbastanza per poterla apprezzare, una bella signora Triestina, a lui ben collegabile per classe, presenza fisica ed età.
Dalla seconda moglie ebbe l’unico figlio, poi rimasto suo malgrado ad accompagnare la Ditta nel baratro di una triste conclusione.
Che fosse in grado di gestirla resta irrilevante: quando ne assunse la titolarietà l'Azienda era ormai inesorabilmente condannata e nessuno sarebbe stato in grado di salvarla. Forse si sarebbe potuto assai più saggiamente “esitarla”, cederla in modo da recuperarne qualche valore residuo, come sembra sia stato ad un certo punto possibile fare.
Se questa possibilità era reale, io credo che il grande errore sia stato nel non coglierla ed illudersi che la fusione con altra Tessitura di Chieri avrebbe risolto: in realtà non si fece invece altro che riunire le “debolezze” conclamate di due Aziende ormai prive di “forze”.
Ma tornando ai primi anni ’90 concluderei le mie impressioni sul il sig. Roberto, poi confermate da ben sedici anni di assidua frequentazione, definendolo un titolare illuminato, perlopiù discreto, non invasivo, doverosamente attento ai risultati, ma senza esagerare con continue ingerenze o sterili affermazioni di autorità, in linea di principio, come purtroppo assai spesso accade.
Aveva anche lui le sue piccole manie, i suoi “tic”caratteristici e risaputi.
L’unico suo vero problema era a volte la tendenza al pessimismo, che alternava con momenti di euforia: capitava così che si preoccupasse esageratamente solo perché stavamo attraversando un episodico calo della domanda !
Accanto a lui c’era il validissimo direttore commerciale grazie al quale io ero entrato a collaborare.
Ci conoscevamo da 15 anni, avendo lavorato entrambi per un breve periodo con la stessa Azienda. Ambizioso, intelligente, capace, attento, generoso e disponibile, anche lui con i suoi piccoli difetti e “tic”(solo io ne sono ovviamente privo, nella mia totale perfezione…, come sicuramente chi mi legge),
Era professionalmente nato in altra importante Azienda, grande scuola da molti punti di vista.
Poi, poco più che trentenne, sentendosi maturo per altre esperienze ed incarichi più adatti a gratificare la sua giusta ambizione, se ne era andato a lavborare con altra grossa tessitura concorrente, che paventava l’intenzione di programmi che lo avrebbero visto nuovo protagonista. Ma avendo poi verificato che, dopo quasi due anni quei programmi erano ancora tutti da definire, tornò indietro, caso di rentreè più unico che raro !
Dopo altri due anni scarsi, essendosi tuttavia confermato che quell'Azienda gli andava troppo stretta e che del suo invadente e spesso indisponente titolare ne aveva piene le…tasche, se ne andò definitivamente, passando a quest'altra Tessitura, dove poi rimase fino alla pensione, realizzando così in pieno o quasi le sue ambizioni e competenze.
Ma prima che allora se ne andasse riuscì a litigare con me !
Ciò che avvenne anche per mia colpa: in realtà eravamo come due galletti che prendono a beccarsi tra di loro, ben sapendo che a farlo invece con chi lo meritava, il gallo padrone del pollaio, non ci sarebbe stata storia…
Poi capimmo sicuramente entrambi, ma intanto il fatto rimase, come aperto tra di noi, in assenza di una qualche occasione che ci permettesse di sciogliere quel nodo banale. Ma sicuramente immutata rimase la reciproca stima e valutazione professionale!
Con lui partii comunque di nuovo alla grande, nonostante il fatturato nella zona affidatami fosse decisamente scarso e quasi tutto da reinventare, ma partivo con un adeguati aiuti ed avendo alle spalle una tessitura ed un’organizzazione in grado di esprimere un ottimo potenziale.
Nell’alta collina verde che arriva al confine Svizzero, a ridosso dei monti che sovrastano il ramo Comasco del Lario, a soli 3 km. da una piccola, secondaria Dogana Italo-Svizzera, a circa 10 km. da Como ed una ventina da Varese, c’è il paesino uscendo dal quale verso la Svizzera, immersa nel verde c’era quell' Azienda.
Così la scoprii la prima volta che ci andai, e poi l'apprezzai quasi sempre, lee mille e poi mille altre che ci tornai.
Una Piccola industria, tipicamente “tessile”, specializzata nell’arredamento tessile, ma soprattutto nella produzione di tessuti per tendaggi da interni.
In termini di fatturato annuo valeva circa 15 - 20 milioni di euro attuali.
Quasi tutti realizzati tramite vendite specializzate ai Grandi Distributori del settore, gli importanti “Editori” di campionari, che distribuiscono decine di migliaia di cataloghi a Tappezzieri e Show Room in tutto il Mondo.
Oltre il 60% del fatturato fù sempre ottenuto in esportazione, principalmente verso la Germania e la Svizzera Tedesca, dove tradizionalmente hanno sede le principali Aziende Commerciali a livello mondiale.
Non so se il suo cognome Tedesco favorisse il Titolare in questo business, ma sicuramente lui ci aveva grandi propensioni e priorità ! Evidentemente a ragion veduta.
Parlava benissimo Tedesco, Inglese e Francese, oltre ovviamente l’Italiano e curava personalmente molti dei contatti con i principali clienti di lingua tedesca, così come per gli Statunitensi Americani.
In tale contesto era forse carente il direttore commerciale, che a parte un pò di Francese non conosceva le lingue e necessitava sempre del supporto di un interprete. Che in Azienda ovviamente non mancava.
Ciò poteva forse costituireun piccolo neo agli occhi del titolare di nome Tedesco, di origini Svizzere, che parlava perfettamente 4 lingue, la cui azienda fatturava anche il 70% in esportazione, la più gran parte con clienti di lingua Alemanna…, neo comunque abbondantemente compensato dalla più che apprezzabile attività svolta in generale da suo Direttore Commerciale, non solo In Italia, ma anche in Grecia, Spagna e Svizzera, la Direzione Commerciale aveva direttamente sviluppato un ottimo lavoro, consolidando buoni rapporti e fatturato con i principali clienti. Per gli altri Paesi il suo apporto era comunque
notevole e pressochè totale.
Ma il Nord Italia, la zona di cui ero chiamato ad occuparmi era stato trascurato, l'Azienda aveva un’immagine...sfocata, come appannata da una parvenza di carente efficienza “mercantile”: si sapeva, in generale, che era Ditta seria, attendibile, tecnologicamente avanzata, in grado di proporre articoli di livello medio alto…, ma in definitiva risultava commercialmente poco propositiva.
Ciò probabilmente perché la forza vendite in quella zona era inadeguata, carente, perlopiù datata o inadatta al tipo di mercato.
Il Direttore Commerciale era già molto preso, e con successo altrove, ma sicuramente ci aveva visto giusto quando io mi resi disponibile a coprire quel ruolo. Modestamente…io ero infatti da tempo ben noto per le mie buone qualità professionali a 360°, e per la mia fortissima determinazione nel perseguire i risultati di lavoro.
Il mio sopranome, diffuso grazie a colleghi concorrenti, era “lo squalo”…a sottolineare e ribadire l’inesorabilità della mia “presa”, rivolta a catturare e non mollare i clienti sino ad affare concluso, anche collegata al fatto di essere noto anche per i miei precedenti natatori…
In realtà il mio approccio fù sempre opportunamente morbido e diplomatico, se pure inesorabile, così come il guanto di velluto… con l’artiglio d’acciaio internamente celato.
Fatto è che quando iniziai con la nuova Azienda, nel 1993, il suo fatturato nel Nord Italia era ben piccola cosa, ridicolo per il suo potenziale di vendita.
Nel giro di qualche anno arrivai a raddoppiarlo almeno 3-4 volte e già al secondo anno superai tranquillamente la quota di fatturato che corrispondeva al mio minimo garantito. Non era un periodo facilissimo, ciò nondimeno…Ma fui anche molto aiutato.
Mio massimo impegno fù introdurre la Ditta presso un’ampia e valida clientela che non la conosceva, se non vagamente, per sentito dire. Mio cavallo di battaglia iniziale furono i “Telai ad Aria”…o meglio i prodotti da essi derivati.
L'azienda era infatti allora la prima Tessitura ad aver installato diversi telai di quel tipo, in grande altezza (producevano cioè tessuti “alti” 330/340 cm.), apparati molto costosi e di laboriosa messa a punto, ma con una produttività eccezionale, in quanto arrivavano a “battere” oltre le 400 inserzioni di trama al minuto, cioè almeno il doppio di un telaio tradizionale ! Ciò che significava un forte abbattimento delle
“façon”, dei costi di produzione, e quindi un importante vantaggio nel rapporto prezzo-qualità !
Il rovescio della medaglia era che quei telai facevano solo tessuti “uniti” ed erano di gestione molto “rigida”: non era possibile perché antieconomico cambiarne spesso il tipo di produzione, ogni “lotto” della quale doveva essere di almeno 4-5 mila metri.
Ma ciò poteva non essere un problema, se i tessuti prodotti erano azzeccati. E si fece il massimo sforzo perché lo fossero ! Inoltre c’era il prezzo che aiutava…
Io intravidi subito in quella produzione un’importante argomento di vendita, la enfatizzai al massimo alla clientela e la usai come “cavallo di Troia” per inserirmi come “fornitore” presso i molti clienti che da Leutenda non avevano mai acquistato.
Una volta “inserito” diventava poi assai più facile proporre ed esitare anche altri prodotti, meno competitivi ma comunque alternativi a quelli dei molti nostri concorrenti.
Negli anni successivi, forse anche con il mio personale contributo, ma molto sulla spinta della domanda dei Clienti di maggior caratura mondiale, i soliti“Tedeschi”, ma anche diversi Italiani, nel frattempo cresciuti nel loro ruolo di “Editori Tessili d’Arredamento”, l'Azienda incrementò sensibilmente il suo apparato Stilistico-Creativo, ampliando l’ufficio stile ed i contatti con i principali creativi europei, incrementando la ricerca di nuovi filati, nuove tecniche di tessitura, di stampa e di finissaggio, per ottener effetti di “look” e di “mano” sempre più nuovi ed accattivanti.
Crebbe di conseguenza molto il nostro ruolo “trainante” sul mercato, alternativo ad altri, ormai affermati da tempo in quell’ambito.
Crebbero le nostre possibilità di fatturato e la nostra reale quota di mercato. Ciò che mi aiutò a raggiungere il “top” attorno al 2.000-2.001.
In termini di fatturato il riferimento più corretto è il 2.002-2.003
Ma anche i 2 anni successivi furono ancora buoni, se pure le “vendite” erano già in calo ! Calo che divenne poi via, via più pesante e preoccupante dal 2.004 in poi.
Occorre considerare che i tempi tra “vendite” e “fatturato” erano nel nostro lavoro necessariamente sfalsati di almeno uno o due anni.
Tanto era infatti il tempo che trascorreva tra quando veniva concluso un contratto e quando finalmente si verificava il fatturato corrispondente !
Definito il contratto occorreva produrre tutto il materiale per la formazione dei relativi “Cataloghi”, la realizzazione dei quali, tra foto ambientate dei prodotti, stampa, lavoro di ritaglio ed impaginazione…prendeva molti mesi, se non anni ! Ed altro tempo richiedeva poi la distribuzione: allora finalmente cominciavano ad arrivare gli ordini, per lo più in crescendo, raggiungendo mediamente il massimo verso la fine del primo anno. In totale appunto circa uno o due anni dalla definizione della vendita da noi effettuata. Per non parlare di tutto il lavoro “a monte” di preparazione dei campioni da proporre ed i “tempi decisionali” dei clienti, sempre più lunghi…
Ciò che talora sfuggiva al Titolare, quando si trovava ad apprezzare i buoni esiti del mio “fatturato” mentre io ero invece preoccupato del “calo” delle mie “vendite”…
Calo che andò inesorabilmente in crescendo dal 2004 in poi, sino al drammatico epilogo del 2009.
Ma che cosa accadde infine che potesse determinare una tale situazione ?
Purtroppo diverse cose, tutte concorrenti al crollo conclusivo. Eccoli, assai semplicemente, i motivi, qui elencati:
Il disastroso avvento dell’Euro, che determinò ciò che tutti bel sappiamo e che i signori del potere hanno sempre voluto negare, primo fra tutti Romano Prodi, che si vantò di aver lui stesso tenuto a battesimo l’avvento della moneta unica, in quanto presidente di turno dell’UE: un’inflazione selvaggia e devastante, che colpì la stragrande maggioranza delle popolazioni, impoverendole, ma facendo contemporaneamente arricchire strette minoranze, che ebbero modo di speculare ampiamente sui reali aumenti dei prezzi: potrei elencare particolareggiatamente tutta una serie di “raddoppi” dei prezzi già a partire da Gennaio 2002,!
L’inesorabile ed in gran parte conseguente caduta della domanda, di ogni bene o quasi, soprattutto ed ovviamente i più voluttuari, cui in gran parte appartengono i prodotti che noi fabbricavamo e cercavamo di esitare: chi era ancora in grado di farsi una casa e di arredarla, l’ultimissima cosa che acquistava, se ancora era in grado, erano poi i “tendaggi”…Ma perlopiù finiva il denaro assai prima !
L’importante cambiamento delle abitudini di vita degli Italiani, in passato dediti ad esibire prima ancora che non vivere una casa confortevole, bella e ben arredata, poi passati alla rassegnazione della casa “dormitorio” o quasi ed alla maggior importanza di “viaggi e vacanze”: si vive una volta solo! Anche perché in quel periodo il bene “casa” era divenuto insostenibilmente più costoso, mentre il costo dei viaggi era andato a calare moltissimo, in un ambito di crescente politica…“low cost”.
Last but not least: l’avvento dei prodotti d’area asiatica, a prezzi bassissimi, perfino ridicoli, in esponenziale e diretta concorrenza con le nostre specifiche produzioni ! Avvento assolutamente favorito dalla “Globalizzazione”, sempre più determinante nell’economia mondiale, grazie ad un infinità di elementi: la crescente domanda di prodotti a prezzi contenuti; il trasferimento dei knowhow tecnologici verso
i Paesi terzi, dell’area Orientale in particolare (Cina, India ed Indocina); la crescita inesorabile delle economie di quei paesi, divenuti sbocchi commerciali per molti prodotti Occidentali, presto copiati, riprodotti e rimbalzati sui nostri mercati come altrettanti boomerang; il notevolissimo incremento della mobilizzazione delle merci
dovuto alla forte caduta dei costi di trasporto e ad una maggiore velocità dei trasferimenti; l’inevitabile, totale complicità suicida di quasi tutte le Aziende Occidentali, sempre più attirate ad approvvigionarsi…“astutamente” in quelle zone di produzione a costi bassissimi, lucrando abbondantemente sul differenziale
tra costi e ricavi; l’opportunità di molte aziende Occidentali di esitare i macchinari e le tecnologie da loro prodotte, nonché i relatvi know how, a quei Paesi emergenti…
Fù insomma, e continua purtroppo ade essere, un progressivo sommarsi di pratiche “suicide”, poste inconsapevolmente ed ineluttabilmente in atto dalla nostra “civiltà occidentale”, sulla spinta tradizionale dei principi inalienabili e delle regole basilari del capitalismo liberale, senza porre in atto alcuna prevenzione, alcuna difesa, alcun “ammortizzatore”, economico o d’altra qualsivoglia categoria !
Le cui conseguenze stiamo ora praticamente verificando in maniera crescente, estremamente e forse irrimediabilmente negative per l’ economia dei nostri Paesi.
Fine della 1^ parte.
( All'interno della fabbrica: telai Jacquard e telai ad Aria )
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