martedì 3 luglio 2012

Dilettanti allo sbaraglio: la Permaflex di Licio Gelli


BUSINESS ADMINISTRATION 4^ Parte
(dilettanti allo sbaraglio)

Cosi' nel 1974 approdai in "Permaflex".
Più esattamente in CIFA (Confederazione Italiana Fabbriche Arredamento).
Fui assunto come Capo Area Nord per occuparmi di "mobili" e non di ..."vili" materassi. CIFA era l'organizzazione commerciale che si occupava delle vendite degli svariati prodotti fabbricati dalle diverse industrie del megagruppo economico finanziario, ai vertici del quale figurava allora tale Licio Gelli, noto come grande maneggione, ma non ancora come fondatore di Logge Massoniche e manipolatore di alleanze sommerse di dubbia legalità, a cavallo tra politica, economia e finanza...
Su tutti primeggiava il marchio "Permaflex", per molti anni in Italia sinonimo di materasso a molle. Ancora nel 1974 Permaflex aveva una quota di mercato in Italia di circa l'80 % ! Praticamente il monopolio !
Fondatore e ideatore era Giovanni Pofferi, Cavaliere del Lavoro, già venditore ambulante di formaggi e poi"stracciaolo" in quel di Prato. Dotato di grandi intelligenza, perspicacia, coraggio ed iniziativa il Pofferi imparò negli anni' 50 che in America c'erano i materassi a molle...e decise di farli anche lui, in Italia, intuendo la grande opportunità di quel futuro mercato.

A Prato era già nata quella che poi divenne un'importante industria tessile, che basava le sue lavorazioni su materie prime riciclate: gli stracci appunto, le cui fibre macerate, ribollite e calibrate fornivano i filati per tessere i tessuti, nella fattispecie quelli portati in giro per il mondo dai famosi "magliari".
A chi non è mai capitato di essere abbordato da un sifatto piazzista ? La tecnica più evoluta prevedeva la sceneggiata dell'autista che ti offriva un taglio di tessuto, rigorosamente marchiato "Ermenegildo Zegna",cioè al top ! L'autista fasullo, senza camion ma in tuta ed a bordo di un'alfetta nel cui bagagliaio teneva la merce taroccata, ti avvicinava con la favola "Sa, ho appena fatto una consegna nella tal città e mi sono accorto che m'è rimasto per sbaglio un pacco nel camion: sono tessuti di Zegna! Guardi che bellezza! Se le interessano è un vero affare...mi dia quello che vuole..."
Seguiva perlopiù dimostrazione della bontà del materiale: un filo estratto dalle cimosse del tessuto bruciava come "pura lana vergine" alla fiamma di un accendino....

Giovanni Pofferi era anche un bell'uomo: assomigliava al divo di riferimento di quei tempi, Amedeo Nazzari, ciò che lo aiutò a sposare una nobildonna Toscana, che lo introdusse rapidamente negli ambienti "giusti". In particolare conobbe Augusto Fontani, che divenne suo socio nell'avventura dei materassi molle: entrambi capirono la possibilità di quel grande busness in un'Italia ormai avviata oltre la "ricostruzione", verso il "boom" economico.
Poi ci fù il determinante ingresso di Licio Gelli, il faccendiere:
il 27 novembre 1956 nacque il marchio Permaflex, con un logo disegnato dallo studio Testa.
Gelli trovò subito i contatti giusti, così l'industria Permaflex partì a Frosinone, in area cassa per il Mezzogiorno.
Contemporaneamente fù stanziato un forte budget pubblicitario e creata una capillare organizzazione di vendita.

Permaflex divenne e rimase per anni sinonimo di materasso a molle !
Sino al punto che i Rivenditori ufficiali quasi "pagavano" il diritto di poter commercializzare il prodotto ed i venditori si permettevano il lusso di "concedere" i prodotti solo se adeguatamente richiesti o perfino pregati di farlo...

Ai materassi seguirono le "reti"metalliche, rigorosamente "indeformabili", ed i supporti a doghe di legno lamellare, vivamente consigliate dall' Ortopedico, così come assolutamente lo erano anche i materassi !
Fù quindi la volta delle "sottomarche", a partire da "Hobby", materassi a molle "di qualità ma di prezzo contenuto", utili per arginare il progressivo nascente incalzare della concorrenza, a partire dalla Ennerev di Montebelluna.
E ad ogni prodotto corrispondevano perlopiù una o più Fabbriche, distribuite sul territorio nazionale, sopratutto al Sud, in zone economicamente "depresse" e fortemente supportate dalla Cassa del Mezzogiorno.
Zone dove le fabbriche, probabilmente anche grazie agli agganci del Gelli, si aprivano quasi gratis e gli operai li pagava in parte lo Stato, cioè i... contribuenti .

In ultimo, a fine anni '60, fù la volta dei "mobili".
Era un'evoluzione apparentemente logica: gran parte dei rivenditori Permaflex. Ondaflex ecc...erano "mobilieri"...ed in quegli anni quel mercato stava vivendo una fortissima espansione, come quello immobiliare e quasi come quello dell'auto !
Pofferi & C. si dissero: abbiamo in mano la distribuzione e vendiamo solo "accessori", perchè non completare il business introducendo anche il vero e proprio "arredamento"?
I capitali da investire ormai li sprecavano, così come non mancavano d'iniziativa e coraggio !
Iniziò allora la nuova grande avventura.
Prima con gli "imbottiti", tecnicamente assai più semplici, più vicini alla cultura del "materasso" ed anche più "remunerativi" degli altri "mobili",
realizzando una grande fabbrica a Calenzano, vicino a Prato, alle porte di Firenze, dotata della più moderna struttura"up to date".
Fù tra l'altro la prima fabbrica Italiana dotata per la produzione autonoma di schiumati di poliuretano a densità differenziata, elettronicamente gestita.
Il marchio "Un Pi", grazie ad un nuovo massiccio investimento pubblicitario, fù presto di pubblico dominio: "Caroselli" in TV, spot al cinema, grandi manifesti stradali e paginone sui giornali esibivavano l'inusitato fenomeno di una "macchina diabolica" che seviziava invano, per milioni di ore in soluzione di continuità, pestandola con il suo pesante e sadico maglio, una povera poltrona, che però alla fine usciva intatta, sanissima ed immutata da quel terribile trattamento !
Per lanciare questo prodotto Pofferi sembra riuscì ad investire per alcuni anni un bugdet pubblicitario mediamente pari al totale "fatturato" delle vendite del prodotto stesso...!
Ci fù anche chi, col senno di poi, ipotizzò un collegamento tra il nome della fabbrica, "Uno Pi", con quello della stigmatizzata loggia fondata dal Gelli, allora amministratore delegato nel gruppo, la "Pi Due"...!

All'imbottito, che comprendeva un vastissimo catalogo di salotti, poltrone e divani, nelle forme, nei disegni e nei rivestimenti più ricchi e diversificati, si aggiunse poi la linea "Italbed", poi rinominata
"La Serie 5.000".
Per produrre la quale fù ugualmente realizzata, dalle parti di Pistoia, una Fabbrica nuova di zecca, super attrezzata al meglio delle più moderne teconologie, macchinari "Tedeschi" (gli stessi della famosa fabbrica "Iterlubke"), che garantivano il massimo in quanto ad automatismi e qualità.
Il repparto "laccatura" era incredibile: le lastre dei mobili, già tagliate in misura, poste su di un nastro trasportatore, passavano attraverso un sottile, calibrato getto in caduta di verinice ed un attimo dopo erano nel "forno", dove la laccatura veniva indelebilmente fissata ed indurita, a permanente protezione del mobile così rifinito.
La Italbed o serie 5.000 era un sistema moderno ed avanzato di mobili componibili, molto "ispirato" appunto alla nota ed elitaria "Interlubke", che consentiva al meglio di coniugare una organizzata linea di produzione industriale con l'opportunità di proporre soluzioni di arredamento complete per la casa. Il sistema modulare, che prevedeva diverse profondità, altezze, larghezze ed un'infinità di funzioni (vani a giorno, ante, ribalte, cassetti, vetri, letti e tavoli a scomparsa, ecc..., ecc...), poteva funzionare anche da"interparete", per cui potevano funzionalmente dividersi ambienti più o meno grandi.
Unito ad elementi a se stanti, tavoli, sedie e tutti gli imbottiti della Uno Pi, permetteva infatti di realizare l'arredamento completo di qualsivoglia abitazione, eccetto la cucina; per realizzare anche la quale sarebbe bastato un niente: completare con gli elettrodomestici ad incasso la variegata serie dei componibili già esistenti !
Ciò che era sicuramente nei programmi. Se non che presto, nel giro di pochi anni, tutto andò a...pallino.

Il grosso difetto, il madornale errore che fece naufragare irrimediabilmente tutto quel pò pò d'investimenti, fù di natura squisitamente "commerciale", dovuto alla grande presunzione dei dirigenti responsabili, per cui comunque avessero fatto, tutto avrebbe inevitabilmente funzionato, data la loro ormai collaudata affermazione ed inalienabile potenza contrattuale !
Perciò, senza porsi problema, misero quelle "perle (mobili e salotti) in mano ai "porci", cioè a dei meri venditori di "materassi e reti", per altro già ormai rovinati nelle loro spinte e motivazioni, dall'ampiamente verificata condizione di conclamati "leader" sul mercato...
Fù un totale disastro !
Sopratutto per la Serie 5.000 !
Bisogna infatti considerare che vendere "mobili" non è così facile come potrebbe sembrare, comunque assai meno semplice che vendere "materassi".
Oggi, dopo 40 anni, i materassi ormai da decenni si sprecano nelle "televendite", ma non così i mobili, ed il motivo è nella complessità dell'argomento, che implica la conoscenza di stili, forme, essenze, dimensioni, abbinamenti, funzioni, per non parlare della relativa “progettazione”!
Nel caso poi dei "componibili" le cose si complicano ulteriormente e di gran lunga: bisogna essere dei veri professionisti per poter adeguatamente utilizzare bene quei sistemi d'arredamento !
Non a caso Interlubke fù a lungo il principale e riservato fiore all'occhiello degli architetti progettisti d'interni.

Quando alla Italbed di Pistoia si resero infine conto del problema pensarono di risolverlo con "La Serie 5.000".
Si inventarono cioè un mastodontico, enormemente costoso e laborioso catalogo, pesante quasi come tutta la enciclopedia"Treccani", al cui interno erano previste "5.000" possibili combinazioni di assemblaggio dei mobili Italbed, corrispondenti a soluzioni, usi, ambienti e misure diversi.
Tutto rigorosamente corredato da gigantografie ambientate, schemi tecnici di installazioni, riferimenti d'ingombro e codifiche di ordinazione.
Ma consultare quel catalogo, anche solo sfogliarlo era già un'impresa impossibile per il venditore medio "Permaflex": non ne aveva inclinazione, istruzione e motivazione. In definitiva neppure...voglia...
Il risultato fù disastroso !

Obbligati a perseguire precisi obbiettivi di vendita dei nuovi prodotti i venditori Permaflex agirono "obbligando" i loro clienti rivenditori all'acquisto dei mobili, con il ricatto: se vuoi mantenere la "nomina" di Rivenditore Permaflex devi ordinarmi anche La Serie 5.000 ed i salotti Uno Pi. E per non sbagliarsi gli imponevano l'acquisto delle soluzioni fotograficamente previste, le più grandi, articolate ed esose del catalogo, estremamente improbabili per una possibile succesiva rivendita ad un utente finale che non possedesse una casa di ampiezza inverosimile.
Ciò che portò ad un ottimo esploit iniziale di fatturato, ma anche al blocco di ogni possibile ulteriore vendita e rivendita...!

Alla fine del 1973, CIFA risolse l'opportunità di avviare una nuova organizzazione di vendita per i mobili, totalmente avulsa dagli altri prodotti del Gruppo e formata da qualificati nuovi elementi da addestrare appositamente a quel target di vendita.
In quel merito risposi ad un inserzione di Praxi sul Corrierone, Agenzia incaricata per la selezione dei Capi Area: ebbi un primo coloquio a Vicenza, un secondo a Milano e fui infine assunto a Roma, in Dicembre, poco prima di Natale, il giorno stesso in cui riuscii a concordare, sempre a Roma, le mie dimissioni dalla Gulf Oil !
Il giorno dopo rientrai a Padova con un assegno da 25milioni in tasca (almeno 250.000 euro oggi!) incassato alla Gulf, ed il nuovo incarico dirigenziale CIFA, che prevedeva congrua remunerazione.
A completamento salii sull'aereo da Roma a Venezia con un carico di doni Natalizi che mise in serio imbarazzo le Hostess, che faticarono a stivarlo.
Avevo 33 anni e tutto il futuro nelle mie mani !
Ora che ne ho giusto compiuti 70, ed il mio "futuro" ce l'ho tutto o quasi alle spalle, assai banalmente mi piacerebbe tanto ripartire da lì ! E magari…fermarmi da quelle parti...

Ma mi fù presto chiaro che con CIFA non sarebbero state rose ne fiori...
Per circa un mese fui a Roma, sulla Cristofro Colombo, in zona Eur, dove c’era la Sede Generale …“Mnisteriale” del gruppo: un palazzone di 12 piani in zona... Ministeri che sembrava proprio un Ministero anche quello, ma non solo per l’immobile in cui alloggiava: molto anche per la burocrazia che vi allignava…
Fui là per conoscere, imparare, assimilare le caratteristiche dell’azienda, i prodotti, e le procedure…”ministeriali”…
Mi portarono anche in giro, in Toscana, in Campania ed altrove, a visitare le fabbriche. Affiancai in Puglia un già affermato Capo Area, per verificare sul campo cosa succedeva…
E capii subito alcune cose: che i pasticci che avevano già combinato sul mercato erano pressochè irrimediabili; che sarebbe stato tanto difficile combinare qualche cosa di buono; e, last but not least, che lì, alla CIFA, con il mio carattere non sarei durato più di sei mesi.
Ciò che esattamente accadde !

Lo stipendio era buono, così come le condizioni contrattuali generali, ma io ero ben lungi dal volermi adagiare in situazioni di comodo, sopravivendo nel tempo, in attesa di un triste epilogo che inevitabilmente si sarebbe verificato e inesorabilmente avvenne solamente dopo due o tre anni !
Iniziai comunque a lavorare con impegno, come nulla fosse, provvedendo all'assunzione di sei Venditori ed al loro addestramento ed avviamento nelle rispettive zone. Strinsi i dovuti rapporti con i colleghi direttori delle Filiali Permaflex nelle varie zone della mia area, cui mi appoggiavo per le necessità d’ufficio. Soprattutto verificai di persona l’immane disastro che era già stato combinato da chi ci avava preceduto, nello stile più o meno “prendi i soldi e scappa”…ma poi non farti più vedere!

Ovvunque ci presentassimo trovavamo...cavalli di frisia a bloccarci l’accesso...I clienti più bonari ci mostravano la strage di composizioni di mobili in esposizione invenduti, che bloccavano qualsiasi ulteriore possibilità di transazione!
Per i salotti Uno Pi la situazione era meno grave, ma sussistevano altri problemi: i ritardi e l’inesattezza delle consegne, l’eccessiva rigidità delle sedute…indistruttibili, l’eccentricità di diversi modelli imposti per l’esposizione dalla precedente “organizzazione” di vendita.
Ci salvavamo soltanto andando alla ricerca di Clienti “Nuovi”, vergini, non ancora “vacinati”…
Mi fù emblematica la prima vendita importante, effettuata presso una grossa esposizione di mobili in Valtellina: sei salotti completi, assortiti nei modelli, rivestimenti e colori.
Spedii la sera stessa l’ordinativo per Espresso Ferrovia alla Sede “Ministeriale” di Roma: la consegna era richiesta “urgente”, comunque nei termini dichiarati dalla Fabbrica. L’ordine sarebbe transitato, come da prassi, attraverso il vaglio e l’elaborazione di ben 3 Uffici Romani ed infine “tabulato” via Telex alla Fabbrica di Calenzano, che avrebbe provveduto alla produzione ed all’invio, tramite la Filiale competente di Milano.
Più volte sollecitato l’ordine, seppi che infine la merce fù recapitata con sei mesi di ritardo (la consegna avrebbe dovuto avvenire entro 30 gg.), quando io me ne ero ormai andato…! I salotti infine giunti al cliente erano completamente diversi, per modelli, composizioni, rivestimenti e colori da quelli commissionati !!!

Me lo raccontò un mio ex collaboratore, che mi venne a trovare al Salone del Mobile di Milano, che allora si svolgeva a Settembre, dove io mi trovavo ormai con la Sormani di Arosio (padiglione 30, terzo piano, allora l’Empireo del Mobile Italiano !), di cui ero diventato da un paio di mesi, sempre nel 1974, il nuovo direttore vendite Italia.

Giù da basso, nei viali plebei, c’era anche CIFA con Uno Pi ed Italbed 5.000. L’anno dopo rimaneva solo Uno Pi. Dopo altri due anni sparì anche quella. Così come ebbe progressivamente a ridimensionarsi l’Impero Permaflex: la concorrenza incalzava e gli ultimi echi del boom economico stavano definitivamente scemando, per i ministeri “privati” non c’era più spazio: erano finiti gli anni delle “vacche grasse”, quando gli errori anche più madornali erano comunque perdonati, rimediati da un mercato sempre in forte ascesa !

Ciò che purtroppo ebbe a confermarmi anche la successiva esperienza, quella appena iniziata con Sormani, allora ancora grande “firma del design”nel firmamento del “Mobile Italiano”, ma già gravemente minata, sia strutturalmente che finanziariamente.
Situazione che io ovviamente allora ignoravo.

Storia comunque "pittoresca", che merita un racconto a sé, molto istruttivo della realtà “Industriale” di quel tempo, formata ancora da tanti “dilettanti allo sbaraglio”. Come sicuramente erano i fratelli Sormani, detti anche"karamazov"...

Racconto che sarà oggetto di una prossima edizione “post” su questo blog.

The lonely dolphin


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