lunedì 25 luglio 2016

MOMENTI FELICI DELLA MEMORIA 5^ Parte



Momenti felici della memoria 5^ Parte 1970 - 1974


Arrivai a Roma a Giugno del 1970. Conoscevo già bene la città per averla ripetutamente frequentata e non ebbi difficoltà ad ambientarmi nella zona centralissima in cui eravamo ubicati: inizialmente a piazza San Lorenzo in Lucinia, accanto a via del Corso, via Condotti, piazza di Spagna, le poste centrali di San Silvestro... Ma a Settembre traslocammo poco più in la, nella nuova sede sul lungo Tevere Marzio, accanto al Ponte Cavour, in un signorile, palazzone di 6 piani, totalmente rinnovato, affacciato sul Tevere, che dal mio grande ufficio al 4° piano potevo spaziare, avendo di fronte il “Palazzaccio”, il ridondante Palazzo di Giustizia, enorme, sproporzionato nel contesto urbano in cui fu inserito per celebrare Roma Capitale del Regno d’Italia a cavallo del 1900.
Il "palazzaccio"
Seduto alla mia scrivania potevo ammirare oltre al ponte, l’infilata di Castel Sant’Angelo, San Pietro ed il Gianicolo.
In attesa di trovar casa e trasferire la famiglia alloggiavo in pensione, almeno per quei pochi giorni in cui restavo a Roma. Il mio ruolo di capo servizio addestramento prevedeva frequenti trasferte in giro per l’Italia, per tenere corsi di aggiornamento, preparazione e motivazione anche ai gestori delle stazioni di servizio presso le varie filiali regionali. Ebbi giusto una settimana per prepararmi e poi partire. Mi organizzai al meglio degli strumenti…inesistenti di cui disponeva l’ufficio, giusto un registratore su cui testai memorizzandole le mie conferenze, secondo un piano logico di didattica tecnico commerciale: le caratteristiche dei prodotti, le argomentazioni di vendita, l’approccio con la clientela e due soldi di psicologia applicata. Non trascurando le severe norme di sicurezza previste dai vigili del fuoco, la rigorosa tenuta dei registri UTIF, con il carico e scarico fiscale delle quantità esitate.
Il ponte Cavour. La Sede Gulf era nel quarto ed ultimo palazzo a destra oltre il ponte.

A quei tempi erano molto importanti due cose, che oggi non esistono quasi più: il “Servizio” e la vendita dei “Lubrificanti”.
Allora non esisteva il “self service”, era anzi tassativamente proibito l’uso delle pompe di erogazione a chi non fosse “professionalmente” addetto !
Per cui il livello del servizio offerto faceva la differenza tra una stazione ed un’altra: rapidità e qualità dell’accoglienza, empatia realizzata con il 
 cliente, cortesia prestatagli. Cosa assolutamente da non trascurare era la pulizia gratuita del parabrezza…ed era assai improbabile che qualcuno lasciasse poi per questo la mancia...
La vendita dei lubrificanti era fondamentale per i ricavi delle società petrolifere, che guadagnavano molto più su questi che non sui carburanti !
Allora le case automobilistiche non prevedevano ne imponevano i “tagliandi”, che comunque pochi avrebbero fatto, Il cambio d’olio si faceva assai più frequentemente di ora (gli attuali lubrificanti long life lo permettono) ed il ricco mercato degli oli per le macchine (auto, moto, camion…) si divideva tra i distributori di carburanti ed i meccanici.

In assenza di audiovisivi di qualsiasi sorta (ed in attesa di organizzarmi con quelli) pretesi che almeno ci fosse una grande, classica “lavagna” presso ogni località in cui avrei dovuto tenere i miei corsi. I miei predecessori (ebbi modo di valutarne almeno tre quando venivano nella mia zona) erano mediamente noiosi conferenzieri, talora compiaciuti del proprio erudito eloquio, senza preoccuparsi più di poco che quanto dicevano fosse compreso dall’uditorio e che alla lunga molti finissero per addormentarsi…Io non intendevo assolutamente sortire gli stessi esiti ! Sono sempre stato molto sensibile sulla qualità di un buon insegnamento, avendo vissuto una carriera di studente assai sofferta, alle prese con docenti troppo spesso incapaci e/o inadeguati. Inoltre ero stato insegnante a mia volta, avendo avuto incarichi e supplenze, di matematica, di educazione fisica e come maestro di nuoto ed istruttore di atletica leggera, sempre preoccupandomi di riuscire a catturare l'interesse dei miei allievi. Avevo dalla mia buone capacità con il disegno e la lavagna mi aiutava molto ad...illustrare gli argomenti.
  
Quel lavoro oltre ad un'ottima esperienza professionale, fu anche un impagabile occasione per vedere e vivere molte zone tra le più belle d’Italia, in quanto i corsi si tenevano in Hotel a 5 stelle nelle migliori località:
Taormina, Agrigento Valle dei Templi, la Sila Calabra, il Gargano, la Costiera Amalfitana, il Conero marchigiano, la Versilia di Forte dei Marmi, il Grand Hotel riminese dell’Amarcord felliniano, ecc…E svolgendosi anche il sabato mattina io non avevo i tempi per tornare a casa a riabbracciare la famigliola, pur prendendo l’aereo, quando fosse stato possibile. Così mi consolavo facendo il turista in quelle amene località, nuotando in quei mari e filmando quei paesaggi con la cinepresa che avevo vinta l’anno prima. 

Abitare a Roma: a fine Agosto ebbi la fortuna di trovare un piccolo, grazioso attico con ampi terrazzi dalle parti di piazza Irnerio, accanto all’Aurelia, poco oltre le mura vaticane, a 5 km dal centro in cui era la sede di Gulf Oil.  A Settembre mia moglie e la bimba mi raggiunsero, così potei vederle tutte le sere e godermele nei weekend, almeno quando non ero via per lavoro (ma tornare a Roma, ovunque fossi andato, era comunque più facile). Le ore di lavoro erano tante, se pur non mi pesassero mai. L’orario iniziava alle 9, ma io entravo un ora prima per seguire un corso d’inglese. Nella pausa pranzo, stante il traffico romano, era impensabile poter andare a casa a mangiare..., così mi adattavo con colleghi amici in trattorie convenzionate, godendo poi comunque le passeggiate per le vie del centro: il Corso, Fontana di Trevi, il Pantheon, piazza Navona, via Condotti, piazza di Spagna, via Margutta, Trinità dei Monti, il Pincio di Villa
Antico Caffè Greco, interni.
Borghese, piazza del Popolo ecc…, tutto e di più nel raggio di 500 metri. Ed era appagante godere un simile contesto, entrare all’Antico Caffè Greco per un espresso ed incontravi attori e personaggi famosi.
Ma mia moglie si stancò presto di Roma e dei…romani, della maleducazione di tanti e del disordine, del caos metropolitano. Giovane e bella ragazza veniva spesso importunata per strada, nonostante avesse la bimba per mano...E nonostante sia sempre stata molto brava alla guida e nell’orientarsi, affrontare il traffico romano era sempre uno stress. L’unico posto in cui si ritrovava, facile da raggiungere in auto percorrendo il GRA (grande raccordo anulare) era l’EUR, la zona del parco, con i laghetti, gli ottimi gelati da Giolitti, dove spesso la sera la raggiungevo con il metro, dopo il lavoro.
Il verdeggiante parco dell'Eur con il suo lago
Ma presto finì con il preferir trascorrere lunghi periodi a Genova, dai miei, a Padova dai suoi, od anche nel Trentino della Val di Rabbi, da cui originava, presso il vecchio nonno sudtirolese, che aveva combattuto la prima guerra mondiale al servizio di Cecco Beppe ed aveva fatto tre anni di prigionia in Ucraina, a fare il boscaiolo, dove raccontava essersi trovato benissimo.
A Roma, da solo io m'arrangiavo, la sera andavo al cinema, a spasso nelle zone centrali, il Tritone, Barberini, via Veneto, qualche amico…Di giorno al solito tanto lavoro.
In qualche weekend raggiungevo le mie donne con l’aereo, a spese della ditta, qualche volta capitava che loro raggiungessero me, in giro per l’Italia, con l’auto che era sempre in mano a mia moglie. Capitava che le telefonassi da Roma di venire da Padova a recuperarmi all’aereoporto di Bologna, da dove via la Cisa  poi raggiungemmo Forte dei Marmi, dove i tenevo uno dei mie corsi.
Via Veneto
Loro con me al Grand Hotel in riva al mare, piazzate sulla spiaggia e la sera eravamo insieme. E poi il weekend a Lerici, Fiascherino ed infine Genova, dove loro si sarebbero fermate e da dove io avrei ripreso l’aereo per tornare a Roma. Momenti felici della memoria !

Ma alla fine del 1970 ebbi una sorpresa.
Era l’antivigilia di Natale e stavo concludendo un corso rivolto ai giovani, nuovi assunti ispettori assistenti alla rete di distribuzione. Corso che stavo conducendo con usuale fervore in una saletta riservata per riunioni al superattico, settimo piano della Sede societaria, quasi tutto riservato agli uffici di rappresentanza del Presidente, l’avvocato Principe dott. Pignatelli.
Ed eccolo in persona, alto, elegante, tratti e modi aristocratici (nobless oblige),  affacciarsi nella nostra saletta e, scusandosi, chiedere se poteva assistere alla mia “lezione”…Tutti lo avevano riconosciuto e la tensione fu allora palpabile nell’uditorio…La mia era tutta interiore…, ma bandito ogni imbarazzo continuai deciso nella mia esposizione, rafforzando toni ed argomenti, spendendo il meglio per superare quell’esame improvvisato.  Riuscendoci alla grande: dopo un quarto d’ora il Presidente, ancora scusandosi si alzò per andarsene e mi complimentò, precisandomi che poi avrebbe voluto parlarmi…
Pignatelli è a sin. con occhiali, il 2° da ds. è Mattei
Ciò che accadde lo stesso giorno, al buffet della festa aziendale dell’antivigilia natalizia, nel sottostante, sontuoso superattico. Ad un certo punto arrivò il Principe Pignatelli e vedendomi venne deciso verso di me, ancora per complimentarsi per toni, argomenti ed entusiasmo da me usati e dicendomi che avrebbe voluto poi approfondire quelli ed altri i temi, per allargarli ad un più vasto ambito di interventi…Io con lui,,,avevo addosso gli occhi strabiliati di tutti i presenti…Colsi in particolare gli sguardi dei miei capi diretti, tra l’allibito ed il preoccupato per quanto stava accadendo, di cui poi mi chiesero subito conto.
Raccontai dell’improvvisata visita del Presidente durante il mio corso, la mattina stessa…e venni così a sapere che io ero già stato destinato ad altro incarico: il mio lavoro all’addestramento era già terminato ! ! !
Capo del servizio merchandising e promozione vendite, il mio nuovo ruolo.Un in carico più importante, assai più formativo per la mia carriera, sicuramente interessante, che poi svolsi ancora al meglio, ma non altrettanto piacevole come l’addestramento, per me forse il più bello che abbia mai svolto nel corso della mia lunga ed assai diversificata carriera.
Io a sin. con barba al corso di Minori (Amalfitana)

Più tardi il Principe Presidente, evidentemente anche lui aggiornato, mi guardò deluso, probabilmente infastidito dall’essersi sbilanciato con me invano…Tant’è…a Gennaio del 1971 iniziai il mio nuovo lavoro, che consisteva nel promuovere ed organizzare ogni possibile strumento ed iniziativa a favore delle vendite, dalla pubblicità esibita presso i distributori agli espositori per i prodotti, dai gadget omaggio per la clientela ai concorsi a premi riservati ai clienti, da effettuarsi sotto il controllo del Ministero delle Finanze (con cui era mio compito gestire pratiche e rapporti), sino alla presentazione delle nuove campagne promozionali, ora con gli audiovisivi giusti, che era mio compito sceneggiare e predisporre.
Presentazioni che io stesso dovevo raccontare, in giro per l’Italia, nei saloni riservati ai meeting dei principali Hotel, spesso affiancato dal collega dell’Ufficio Pubblicità e talora con la presenza del Direttore Marketing, Aldo Aniasi. Con il quale nel mio nuovo ruolo venivo ad avere assai più occasioni di contatto e che era normalmente aperto e disponibile anche verso iniziative inusuali, fuori dagli schemi, perfino spregiudicate, come alcune che io ebbi a proporgli e che apprezzò molto.
Assai meno aveva apprezzato l’ultima mia fatica come responsabile dell’addestramento, un manuale divulgativo tecnico-commerciale sull’impiego dei lubrificanti per auto, da me redatto con la consulenza del nostro Ufficio Tecnico. Per renderlo più fruibile ed accattivante al target cui era rivolto, lo avevo fatto illustrare da un ottimo vignettista dei tempi, l’Olandese Dan Shift, che possedeva notevole verve satirica. Ed il maledetto s’inventò una vignetta in cui veniva raffigurato l’automobilista “aggressivo” con la caricatura di Aniasi. Che per l’occasione non dimostrò affatto di avere Humor e mi redarguì affermando. “la prossima volta niente disegnini, ma fotografie !”…
La roma dei "Brutti, sporchie cattivi" di Scola...

Così mi piace rievocare i miei successi professionali, che contribuirono 
non poco ai miei momenti felici di vita vissuta.
Nell’ambito della Sede romana io ero allora considerato uno dei “giovani leoni” che avrebbero formato il futuro staff dirigenziale dell’Azienda.
Ma con mia moglie presto ci convincemmo che Roma non faceva per noi. Città meravigliosa, ricca di opportunità enormi, forse unica al mondo per la ricchezza dei suoi siti architettonici, storici, culturali, dotata di un buon clima, teoricamente vicina al mare…, ma estremamente caotica e disordinata, ed anche tanto caciarona, sporca, con una periferia borgatara spesso ai livelli delle favelas brasiliane…Proprio in quel periodo uscirono al cinema due film nei quali identificammo subito la nostra visione della capitale: “Roma” di Fellini, che non risparmia ampie critiche all’Urbe, e “brutti, sporchi e cattivi” di Scola, con un grande Nino Manfredi, giusto dedicato ai borgatari più sfigati.
"Roma" il film.
Intendiamoci, c’era anche tanta bella gente, civilissima, educata, spesso simpaticissima e ricca di verve, signorilmente capace di esprimere la scanzonata saggezza e filosofia tipiche dell’essere “romani de Roma”, in grado di dare a chiunque preziose lezioni di educazione ed autoironia. 
Ed io ebbi la fortuna ed il piacere di conoscerne e frequentarne diversi.
Ma il contesto nel suo insieme ci risultava infine negativo. Scontento cui a maggior ragione si sommava  la nostalgia per ciò che avevamo lasciato, le idilliache contrade del trevigiano.
Fu così che nell’autunno del 1971 decisi che volevo tornare al nord.
Non lo dissi apertamente in azienda, ma lo feci sapere per vie traverse, mandai dei segnali inequivocabili…Finche’ venni presto accontentato al meglio, grazie anche una insperata opportunità: a capo della Filiale Veneta da cui io provenivo era stato mandato, giusto quando l’avevo lasciata, un romano che smaniava per ritornarsene a Roma ! Fu così relativamente facile favorire lo scambio, nel senso che io rientrai a Marghera in veste di capo filiale, lui fu ricollocato in sede ad altro incarico…
Approfittammo delle vacanze di Natale del 1971 per andare a Padova per cercare di nuovo casa. Marghera, sede del mio nuovo lavoro, era assolutamente troppo triste, Mestre poco meglio…Padova, bellissima ma troppo cara e troppo ”città”…In particolare dopo due anni di Roma,,,
La nostra vocazione fu sempre quella di vivere in un posto che fosse anche adatto a trascorrerci le vacanze…Ed in effetti noi abbiamo sempre vissuto, Roma a parte, ne “la casa delle vacanze dove vivere sempre”.
Montegrotto Terme, panorama
Così puntammo decisi su Abano e Montegrotto, a 10 km da Padova, a 50 km di autostrada da Marghera, nel verde dei colli Euganei ricchi di acque termali e tante piscine per nuotare, sia d’estate che d’inverno. Trovammo facilmente un meraviglioso appartamento, nuovo, sul viale alberato della stazione di Montegrotto, con un’ampia vista panoramica, ad un affitto di un terzo inferiore a quello pagato per il piccolo attico romano.
In quel contesto vivemmo per due anni e mezzo, bellissimo periodo i cui ci eravamo totalmente immersi nella tranquilla oasi collinare, ricca di siti, sentieri, ottime trattorie, begli alberghi e tante piscine. Per 3 stagioni all’anno era come essere sempre in vacanza, nei viali il via vai dei turisti termali, se pure anzianotti ed in gran parte tedeschi, bar, gelaterie, pizzerie…tutti ben attrezzati ed accoglienti, con ampi spazi esterni. Io la sera rientravo da Marghera e cambiavo totalmente mondo, in soli 35 /40 minuti, quasi tutta autostrada, con l’auto aziendale in dotazione spesso arrivavo allo Sprting o al Columbus, dotati di belle e grandi piscine, a farmi le mie solite tante belle vasche.
Montegrotto, uno dei tanti Hotel.
Dopo cena scendevamo nel viale sottostante, io in zoccoli, jeans e maglietta, a farci la passeggiata serale, sugli ampi marciapiedi fiancheggiati da ricchi negozi dalle accattivanti esposizioni. In inverno compensavamo il freddo, la nebbia e l’umidità trascorrendo molte ore nelle acque termali delle piscine, salendo sui colli più alti.
Come il Venda su cui posta il principale radiofaro dell’aeronautica civile e militare e il Rua dove svetta l’eremo Camaldolese, il cui perimetro di mura era nostro itinerario usuale. E da lassù sovente godevamo il fantastico panorama di un sottostante mare di nebbia in cui sorgevano le vette dei colli, come tante isole alla deriva…, noi restando esposti al caldo tepore del sole splendente. Lunghi momenti felici !
Ma avevamo anche in inverno belle giornate di limpido sole, Padova a 15 minuti d’auto, 10 di treno, con tutte le sue ricche bellezze architettoniche, artistiche, culturale, le belle vie centrali, i tanti portici che permettono di girarle quasi tutte senza bagnarsi se piove, i molti cinema e tanti parenti ed amici. A Padova ho sempre avuto mio fratello e quasi tutti i parenti di mia moglie. E poi c’era Venezia, con mezz’ora di treno eravamo già in laguna, a S.Lucia, e non era ancora diventata quella sorta di Dysneyland per turismo di massa che l’ha resa purtroppo inavvicinabile ormai da decenni, almeno per me.
i Colli Euganei
Il mare non era lontano, ma bisognava accontentarsi dei lunghi arenili dell’adriatico, delle basse acque sabbiose, di un’acqua spesso allungata ed inquinata dai tanti fiumi che scendono tra quei lidi: l’Adige, il Brenta, il Bacchiglione, il Sile, il Piave, il Livenza…Niente a che fare con la Riviera Ligure, ma non si può avere tutto.  E comunque  godevamo ugualmente quel mare, i bungalow di alcuni villaggi attrezzati, come il San Francesco di Caorle e l’Isamar tra Bacchiglione e Adige, non lontano da Albarella, la famosa isola “dei manager europei”. Il San Francesco, a 10 km da Caorle, era quasi isolato tra le dune sabbiose della costa ed il basso retroterra paludoso.
Anni dopo vi esplose il Porto Margherita, residenziale turistico, con darsene e ville-appartamenti affacciati direttamente sul mare. Nei primi anni’60 io mi allenavo correndo e nuotando per 20 km da Caorle al San Francesco e ritorno, attraversando a nuoto la foce del Livenza. Poi correvo per chilometri, incontrando unicamente rari nudisti tedeschi e talora i lagunari della San Marco che in quella zona avevano il campo di esercitazioni.
"Bragozzo" veneziano.
Arrivavo fino ad un simpaticissimo capanno, realizzato su palafitte e con il tetto di paglia, meta di piknic di veneziani che vi giungevano a bordo di un “bragozzo”, tipica barca a vela per la pesca.
Nell’autunno del 1967 la nota alluvione coincise con una tremenda mareggiata che disastrò tutte quelle coste, incluso il povero capanno. Negli anni successivi furono realizzate, lungo gran parte delle rive, migliaia di moli frangiflutti di protezione e banchine di calcestruzzo, che costituirono il presupposto per la nascita di Porto Margherita e molto altro. 

Il mio lavoro a Marghera funzionò bene anche questa volta.
Riuscii facilmente a coinvolgere i miei ex colleghi, ora collaboratori a far squadra vincente. Evitavo di apparire “Capo”, cercando di essere invece leader e membro operativo del gruppo. Non mi limitavo ad “ordinare”, ma cercavo altrimenti di “fare” io per primo tutto il necessario per raggiungere gli obbiettivi aziendali, affiancando spesso i vari collaboratori in zona ed aiutandoli la dove era necessario. Anche con il personale interno avevo un ottimo feeling, informale e reciprocamente collaborativo. Applicavo spesso uno spirito goliardico di allegra compagnia, ogni tanto muovendo una qualche innocente strambata, tipo: dopo l’ottimo pranzo-riunione nell’ottima trattoria sul Terraglio (vialone tra Mestre e Treviso) “ora andiamo tutti a prenderci un buon caffè, come si deve, da Goppion, in Treviso centro”, che non era esattamente li dietro l’angolo.
Treviso
Così comportandomi, me ne rendo conto solo ora, mentre lo racconto, non facevo altro che imitare i miei capi migliori, il Comandante Ronconi della Marathon ed il dott. Berillo della Gulf Oil. Perlomeno inconsciamente ci provavo. E poi cercavo di sfruttare al meglio la mia esperienza romana e l’aiuto di alcuni amici colleghi di quella sede.
Fu così che all’inizio del 1973, in riunione plenaria nella più grande sala riunioni del Hotel Leonardo da Vinci, in Roma Prati, fummo celebrati e premiati come la prima Filiale d’Italia per i risultati gestionali ottenuti.
Al mio primo anno di gestione eravamo i primi su 9 filiali !
Buone doti di creatività ed una qualche disinvoltura in qualsiasi lavoro rendono sempre, lo sapevo da tempo ed il “politico” Ugo Aniasi, fratello dell’Aldo sindaco milanese, direttore marketing della Gulf Oil, me lo aveva
più volte confermato.
La mia filiale aveva battuto ogni record nella vendita dei lubrificanti (quelli che di gran lunga rendono di più alle Società Petrolifere), superando l’1 per mille di vendita di oli lubrificanti sul totale dei carburanti ! In altri termini eravamo riusciti a vendere un litro d’olio per ogni 1000 litri di carburanti !
Oggi io credo che il mercato attuale non arrivi ad un litro su diecimila, ma è ora tutto un altro mondo…Buon conto i colleghi responsabili delle altre filiali, che nel migliore dei casi erano giunti allo 0.7 per mille (la media era sullo 0,5) mi chiesero come avevo fatto ad ottenere quel risultato…In effetti il trucco c’era. Non bastando una gran determinazione ed un forte pressing su tutta l’organizzazione avevo escogitato un banalissimo escamotage.
A quei tempi le stazioni di servizio con pensilina, la tettoia sopra le pompe, erano una stretta minoranza. Avere la pensilina dava prestigio al punto vendita, oltre a riparare dalle intemperie e dal sole. Specifici studi di analisi motivazionale avevano già dimostrato inoltre che la pensilina rappresenta per l’automobilista “pulcino” una sorta di ala della “chioccia” sotto cui è rassicurante ripararsi…In definitiva se un utente deve scegliere tra due stazioni, una con pensilina e l’altra senza, è assai più probabile che scelga la prima. Sopratutto se piove, nevica o c'è troppo sole !
Or bene, proprio in quel periodo era stato stanziato un notevole budget per dotare di “pensiline” le nostre stazioni più importanti. Alla mia filiale ne toccavano una quarantina, ma io ero riuscito, insistendo e brigando, ad averne più di cinquanta. E le usai per vendere l’olio ! Ben sapendo che comunque le avrebbero avute installate, stabilii che i gestori che volevano la pensilina dovevano “pagarla” acquistando almeno 10 quintali di oli lubrificanti.
Pensilia tipica di stazione carburanti
Non tutti aderirono, con diversi ci vollero lunghe trattative per convincerli, ma alla fine più di 40 subirono l’imposizione, 40 tonnellate d’olio in più piazzate !
Ciò che poi portò comunque ad un reale incremento delle vendite presso i distributori, perché i gestori costretti all’acquisto si attivarono al massimo per smaltirlo dal magazzino rivendendolo all’utenza.

Momenti felici…! Io allora mi sentivo pienamente realizzato, come il fico più bello nel bigoncio. Nel lavoro ero al massimo, in famiglia anche di più, la mia bellissima bimba cresceva adorabilissima, e la mia deliziosa mogliettina proprio quell’anno aveva partorito un magnifico maschietto. Avevo la salute, la forza, la determinazione e l’accortezza di una scafato, volitivo 31enne di bell’aspetto.
Ma era troppo bello per poter durare. 
A Maggio del 1973 mi convocarono a Roma…per informarmi in via del tutto confidenziale (top secret !) che nell’ambito di un’importante ristrutturazione aziendale 6 filiali su 9 erano destinate a chiudere, e la mia era una di quelle. Restavano solo Milano, Roma e Catania.
Ma io non dovevo preoccuparmi, avevano una proposta da farmi molto interessante e giusto adatta per me.
Torino, la nuova meta...

Così venni a sapere di un programma sperimentale Gulf Oil, che prevedeva 3 megastazioni pilota da realizzare nel mondo, una in Canada, un’altra in Giappone e la terza a Torino. Io avrei dovuto occuparmi di quella. Si trattava di un megaprogetto, inusitato soprattutto per quei tempi: in una grande area già di nostra proprietà, in uscita da Torino verso Moncalieri, realizzare una
super Stazione per automobilisti, dotata di ogni possibile servizio: pompe servite, automatiche selfservice, pre e post payment; autolavaggi a tunnel, tradizionali ed a box fai da te; officine riparazione ed assistenza; carro attrezzi di soccorso; gommista; negozio di autoaccessori; bar ristorante e self service tavola calda:  negozio bazar tipo autogrill ecc…
Io sarei stato il responsabile del progetto e della sua successiva conduzione.
Dovevo andare a Torino ed elaborare uno studio di fattibilità, il più completo possibile, valutando il potenziale della location, stimando i volumi di affari realisticamente possibili, i costi di gestione (per quelli di costruzione era competente altro apposito ufficio), ed i diversi P.&L. (profit and loss, conto profitti e perdite) a seconda di 3 diversi tipi di conduzione: totalmente diretta, totalmente affidata a terzi, parte diretta e parte affidata a terzi.
La collina torinese oltre il Po dove cominciai a calcolare ci saremmo trasferiti.

La proposta mi affascinava, si trattava di una nuova notevole e formativa esperienza (mai smettere d’imparare !), e del resto non c’erano alternative, tranne ritornare a Roma a fare in qualche modo il sopravissuto.
Purtroppo si trattava di nuovo di andar via da luoghi in cui io e la mia famiglia eravamo pienamente inseriti, con totale soddisfazione, ma non tutto si può sempre avere…
Accettai senza porre problemi e per i successivi 2 mesi, Giugno e Luglio, fui a Torino per studiare la cosa. Conoscevo vagamente la città, avendola frequentata già nel 1961, in occasione della mostra centenaria (Italia’61), in occasione dei campionati italiani di atletica, cui allora partecipai. Poi vi anadai un paio di volte al salone dell’auto e divere volte in transito, verso il Sestriere a sciare.
Vivevo in albergo e facevo capo alla locale filiale Gulf Oil, ospite in un ufficio di quella. Ma soprattutto andavo in giro per raccogliere i tanti dati che mi occorrevano per svolgere la mia parte del progetto, quella più importante. E già che c’ero buttavo un occhio in giro, per capire dove avrei potuto trasferire la famiglia. Puntai subito verso la collina del Pero, nel verde residenziale, essendo come sempre alieno dal vivere in città.
Nei week raggiungevo per lo più la famiglia, ora strategicamente trasferita nell’assai più vicina Genova, presso i miei, dove c’era anche il mare e la stagione balneare in corso.
 
Mastroianni e J.Bisset sulla collina del Pero, nel divertente film"La donna della domenica"del 1975, la cui ambientazione mi ricordò molto il mio breve periodo torinese.
Non fu un lavoro facile, soprattutto volendo essere realistici sui valori da prevedere. Come altre volte riscorsi a qualche escamotage, a qualche trucco creativo..., ma a fine Luglio fui pronto, in tempo per il meeting previsto. Che avvenne in presenza del funzionario inglese responsabile del progetto globale, per una prima verifica di fattibilità. Partii con l’aereo da Genova e già nella tarda mattinata ero in riunione, in una sala dell’attico della sede Gulf, al lungo Tevere romano. La mia relazione prevedeva 3 diversi dati conclusivi, a seconda del tipo di gestione, con differenti Indici di Redditività. variabili dal 16 al 21%. 
Ma presto la riunione, che si svolgeva in lingua inglese, prese una piega strana, inaspettata…Il capo del progetto, venuto da Londra, sembrava assai poco interessato alla mia esposizione dei dati raccolti ed elaborati, ne alle loro motivazioni…E dopo una mezz’ora ci mise a parte di alcuni importanti aggiornamenti : era improbabile che il progetto avesse un seguito, almeno per l’Italia (cioè Torino) !
IL fatto era che Gulf stava considerando con sempre minore interesse il suo futuro nel mercato italiano…, la cui situazione politico, economica e fiscale stava degenerando. Ciò mentre c’erano altri paesi in forte crescita nei quali sarebbe stato assai più allettante investire, prospettando redditività sicuramente maggiori. Se i miei calcoli di previsione indicavano una media del 18% c’erano svariate altre importanti città nel mondo in cui si poteva investire ragionevolmente prevedendo una resa del 25 – 30%.
 
Classifica dei primi 10 produttori di petrolio.

Così inesorabilmente funziona il mondo delle multinazionali, per cui è ovviamente il profitto l’unità di misura su cui parametrare le opportunità imprenditoriali.
Comunque, concluse il nostro ospite, ci avrebbe fatto sapere…
Ma io uscii da quella riunione ormai certo che a Torino non ci sarei mai andato,  che a Marghera non potevo ormai tornare, se non per morirci…
e che la mia unica alternativa poteva essere di ritornare a Roma, da dove avevo voluto andarmene due anni prima, in attesa di morire anche li, ma solo un po’ più tardi: era chiaro che la Gulf intendeva abbandonare l’Italia, così come aveva fatto Marathon 5 anni prima ! Ed in tale prospettiva chiudeva la maggior parte delle filiali e rinunciava ad ulteriori investimenti.
Ed ora io, nell’immediato, dove dovevo rientrare, ripartendo da Roma, a Torino o a Marghera ? Nessuno me lo disse ed io tornai a Genova, a recuperare la famiglia per tornarce a casa nostra, a Montegrotto Terme.
Ma prima di lasciare la sede romana, quella stessa sera, mi confidai con un carissimo collega ed amico, anche lui coinvolto nel progetto Torino in quanto responsabile del nuovo programma TBA (accessori per auto) e che con me e pochi altri aveva partecipato alla riunione.
E lui mi confortò sulla decisione che io li per li già avevo maturata: rendermi indisponibile a qualsiasi trasferimento dal Veneto e posizionarmi nel modo migliore per trattare poi le mie probabili dimissioni. 
 
I docks di Marghera, zona petroli

Vivevo in quel mondo ormai da svariati anni ed avevo visto ed imparato tante cose…La mia filiale di Marghera era ubicata all’interno di un deposito costiero della Gulf Oil, da cui partivano ogni giorno svariate decine, centinaia di autobotti che portavano in giro milioni di litri di costosi carburanti soggetti ad esosissima imposta di fabbricazione…All’interno del costiero ospitavamo d’obbligo un ufficio della Guardia di Finanza, per i dovuti controlli fiscali.
Che risposte potevo darmi a certe domande che allora mi facevo?
Come potevano semplici guardie, con stipendi pari ad un terzo del mio, permettersi di possedere auto come l’allora gettonatissima Giulietta Sprint, doppio carburatore, 5 marce ? Il cui acquisto io non mi permettevo neppure di prendere in considerazione ?  Come poteva un graduato appena quarantenne essere già in pensione, integrandola con percependo lauti canoni di affitto per svariati suoi appartamenti locati ? Ecc…ecc..ecc…
Dopo qualche anno la spiegazione fù alla ribalta delle cronache: molta gente finì in galera, guardie di finanza, funzionari dell’Utif (Ufficio tecnico per il controllo di documenti e registri fiscali per le imposte di fabbricazione), titolari di depositi per la distribuzione dei carburanti e di stazioni di vendita, nomi anche eclatanti in zona, soprattutto in quella di Treviso.
Zona riempimento autobotti.
Fu infatti accertato come, ad esempio, ci fossero svariate autobotti che con lo stesso documento di trasporto (H ter 16) arrivavano a fare anche tre, quattro viaggi ! Per i non addetti, cui può sfuggire l’enormità del dato, parametrando ai valori attuali è come se un’autobotte da 20mila litri, ripetendo un viaggio in “esenzione” tasse, evadesse 20mila euro alla volta…Ciò moltiplicato per centinaia, migliaia di viaggi…c’è di che comprare allegramente tanti "controllori", ai vari livelli…
Io allora avrei forse potuto sapere tante cose...ed essere in grado di raccontarle, perfino documentarne qualcuna. E non solo in questo ambito. Non lo dissi mai, ma lo lasciai intendere...
Controllo Guardia di Finanaza.

Iniziò così la mia difficile, estenuante guerra fredda con Gulf Oil.
Rientrato a Marghera, nel giro di poche settimane fui privato di ogni incarico, dell’auto aziendale e confinato nel mio ufficio a far…nulla, per 8 ore, 5 giorni alla settimana. Ero diventato come un appestato, gli ex collaboratori imbarazzatissimi erano costretti ad evitarmi, solo qualcuno, di nascosto, mi palesava la sua solidarietà. Anche a casa l’atmosfera era talora pesante, la mia preoccupazione essendo condivisa da mia moglie. 
Io sapevo una cosa sola, che dovevo resistere: più lo avessi fatto e di più avrei ottenuto.
Passavo il tempo in ufficio leggendo, studiando e…cercandomi un nuovo lavoro. Risposi a parecchie inserzioni, offerte di lavoro qualificate, adatte alla mia esperienza e posizione e a partire da Settembre iniziai ad avere degli incontri finalizzati. Per poterli effettuare, ma anche per prendermi lunghe pause di assenza giustificata, presentavo certificati medici, 2 settimane, un mese di riposo…La mia discopatia vertebrale non mi diede mai tanto fastidio come in quel periodo, forse un fatto pisicosomatico…
Mi feci anche ricoverare per due settimane al traumatologico di Padova, dove appresi ottimi esercizi di fisioterapia, che poi mi furono molto utili nel tempo. I miei contatti per un nuovo lavoro si condensarono infine in un incontro decisivo con l’Agenzia PRAXI di Milano, che già conoscevo avendovi svolto con successo alcuni stage di aggiornamento Marketing oriented, voluti e pagati da Gulf Oil.
Il marchio Permaflex, l'unico rimasto.
Mi offrivano la posizione di Area Manager Nord Italia per la CIFA, la commerciale facente capo al gruppo Permaflex, Hobbyflex, Ondaflex, UnoPi ed Italbed serie 5.000. Depositi  ed uffici nelle principali città, sede centrale a Roma (come al solito…), fabbriche in Toscana e nel Sud sponsorizzato dallo stato. Io dovevo organizzare e promuovere il rilancio dei Marchi UnoPi (poltrone, salotti, divani) ed Italbed (mobili componibili), assumendo ex novo una rete di collaboratori addetti alle vendite. Ottimo il trattamento economico, che partiva ad un livello di un terzo superiore a quello già buono che avevo con Gulf, spese a piè di lista e, fatto notevolissimo, potevo mantenere la residenza a Montegrotto. Da dove sarei stato lontano per gran parte della settimana, ma essendo tuttavia pagato per le trasferte.
Dopo vari livelli d’incontro, eravamo ormai dalle parti di Dicembre,
dalla sede Gulf mi telefonò Aniasi che voleva incontrarmi, fissandomi un appuntamento a Roma nel pomeriggio di non ricordo quale giorno. Era chiaro che intendeva “trattare”. La sfortuna sfacciata volle che mi telefonasse anche PRAXI, per fissarmi un appuntamento a…Roma, la mattina dello stesso giorno…, rivolto a definire la mia assunzione alla CIFA Permaflex.
Non potevo crederci !
Il giorno fatidico scesi con l’aereo da Venezia, poi rimborsatomi sia da CIFA che da Gulf…, e presso la sede “paraministeriale” di Permaflex incontrai il dottor Pofferi, figlio del commendatore fondatore, che mi diede il viatico per l’assunzione, invitandomi a Roma per i primi di Gennaio, per partecipare ad uno stage di addestramento di 2 settimane sull’Azienda, i suoi prodotti, le sue prerogative.
Aldo Aniasi, sindaco di Milano, fratello di Ugo
Nel primo pomeriggio incontrai Aniasi alla sede del lungo Tevere.
Fu una breve, simpatica schermaglia fra due che sapevano dove andare a parare, anche se lui si spostva in continuazione, nel suo enorme, megalomaniaco ufficio, molto evidentemente temendo che io nascondessi un registratore nel “borsello”, che allora anch’io solevo usare.
Infine ci accordammo: in aggiunta alla liquidazione mi avrebbero corrisposto tre anni di stipendio ! Non potevo volere di più e di meglio !
A 32 anni, con nuovo, interessante contratto di lavoro già in tasca, ripartivo da Roma con tanti soldi come mai prima di allorami sarei sognato di possedere. Io, che solo 8 anni prima avevo anche conosciuto il disagio della fame !

La sera stessa rientrai a casa vincitore per passare le più belle vacanze di Natale della nostra vita !

Epilogo: quel denaro fu poi determinante, un paio di anni dopo, per costruire la nostra prima casa di proprietà, una villetta in Brianza.
Gulf Oil già l'anno dopo chiuse la Filiale di Marghera e molte altre. Dopo qualche anno lasciò definitivamente il mercato italiano.
 

fine della 5^ Parte.

Post attinenti agli argomenti trattati, su questo stesso blog:
La mia emblematica scala della felicità di quei momenti.






















martedì 12 luglio 2016

Zio Gigi, la storia.



Storia dello zio Gigi.
Interrompo il racconto dei miei "Momenti felici della memoria" per dare giusto spazio
all'interessante, movimentata biografia del genovese Luigi Pederzolli, zio materno di mia cugina Cinzia, che lo ebbe quasi come papà, dopo la prematura morte di suo padre naturale. Dello zio Gigi e della sua storia sono venuto a conoscenza solo recentemente e per caso, come dico nella nota in calce a questo post, rimanendone affascinato.
Il testo scritto in corsivo stile "lettera 22" è l'originale di zio Gigi.
Lo zio Gigi, 90 anni.
E’ una storia di vita un pò particolare, raccontata dallo stesso protagonista che l’ha vissuta, ora novantenne, dattiloscritta per i tipi di una Olivetti “Lettera 32”.
Il 22 settembre 1926, alle ore 14 circa, credo con un po' di difficoltà per mia madre (pesavo kg.5,500) vidi finalmente la luce.”
Era l’ultimo di quattro fratelli e fu accudito dalla sorella più grande, alla sua nascita già diciassettenne, in una famiglia povera, faticosamente sostenuta dalla mamma, che “lavorava a servizio di una signora ed anche in una fabbrica di bevande gassate”.
A soli sei anni Gigi, mentre iniziava le elementari dovette anche cercare qualche lavoretto per contribuire al precario menage familiare, e lo trovò presso un falegname
   “Il mio lavoro consisteva nello scaldare la colla necessaria per incollare l'impiallacciatura ai mobili, pulire ed ordinare il laboratorio e spingere il carretto quando consegnavamo i mobili finiti”.
Il suo iter scolastico termino con le elementari…”poi fu un susseguirsi di piccole occupazioni come garzonetto nei negozi di macelleria, polleria, commestibili ed in una carrozzeria di automobili”.
Nel 1937, essendo amante del mare, si propose e fu assunto come aiuto Bagnino in uno stabilimento di corso Italia “Il mio compito era quello di pulire le cabine  alla sera, portare e ritirare gli ombrelloni dalla spiaggia ed in più tutte le mattine accompagnare le donne dei "casini" a fare delle gite in barca”.
Ai tempi della lotta
Crescendo robusto ed aitante iniziò poi a fare sport, lotta in particolare ed a sedici anni riuscì ad ottenere il brevetto di bagnino nonostante l’età minima prevista fosse di diciotto. E come bagnino regolare continuò poi a lavorare, sempre al mare di Corso Italia. Nel frattempo era iniziata la guerra e dopo l’8 Settembre, a rischio di deportazione, riuscì ad essere assunto nei Vigili del Fuoco.  Mentre spegneva un incendio nel corso di un bombardamento, rimase ferito sotto un crollo e rimase in ospedale per due mesi, “e come compenso mi dettero un premio di 500 lire. Dopo il rientro in servizio mi assegnarono la funzione di attendente del primo ufficiale di stanza all’Albergo dei Poveri. Con questa nuova mansione, essendo già appartenente alla resistenza partigiana, avevo buon gioco con timbri e firme false da svolgere la mia missione. Partecipai, armi in pugno, all’insurrezione contro i tedeschi. Furono 12 giorni esaltanti”.
Fino al 1948 fece parte della Polizia Partigiana, da cui si dimise per tornare a fare il bagnino d’estate e il “camallo”, lo scaricatore nel porto di Genova.
L’aitante aspetto del timido Gigi attirava le giovani frequentatrici dei bagni e presto fra quelle una in particolare “così trovai l’amore della mia vita”.
Con cui presto si sposò, andando ad abitare in casa della suocera, donna “tosta e dura”, che per una stanza pretese ben diecimila lire, a quei tempi una cifra, considerate le sue entrate di bagnino e camallo.
Con la mogliettina
 Ma poi lo aiutò la fortuna, un ricco e generoso frequentatore dei bagni lo aiutò a comprar casa anticipando tutto l’importo, da restituirgli ratealmente e poi fu assunto, grazie ad una raccomandazione*, come “autista venditore” alla CocaCola, testè giunta in Italia. Piccolo particolare secondario, lo zio Gigi non aveva la patente…
Ma le forti raccomandazioni lo aiutarono a prenderla assai velocemente. Divenuto una dei migliori venditori fu poi notato dal nuovo concessionario di CocaCola, che lo volle presso di se, come marinaio del suo panfilo, autista e segretario, insieme alla moglie, assunta anche lei ! . “Furono circa 8 anni meravigliosi.Stavamo 4 mesi a Cannes all’hotel Carlton e tutto l’inverno a Parigi, all’hotel George V. In seguito Gegè (il suo titolare)prese in affitto da un amico una stupenda peniche ormeggiata sulla Senna.
Ma nel 1958 Gegè comprò un panfilo più grande, con tanto di equipaggio, che non poteva prevedere anche la moglie di zio Gigi, che così diede le dimissioni.
L'Isola Gallinara, al largo di Alassio,
Dopo si susseguirono diverse attività”, tra cui un negozio di alimentari.Sua moglie nel frattempo partorì un figlio, purtroppo prematuro che visse solo tre giorni, con grande dolore dei genitori.  Nel 1961 zio Gigi fù per tre mesi guardiano del faro all’Isola Gallinara e poi, partecipando ad un corso per sommozzatori, il suo istruttore ed amico, il famoso Duilio Mercante (il fondatore della didattica subacquea italiana), lui essendo già molto occupato gli propose di sostituirlo in un “progetto in Marocco per la raccolta delle alghe marine per conto della Simmenthal”. Ciò date le sue buone capacità come sommozzatore e la conoscenza del francese. Fu così che zio Gigi si trasferì in Marocco, poi seguito dalla moglie, dove operò con solerzia e capacità, fino a meritare progressivamente la fiducia che lo portarono nel tempo a divenire il responsabile dell’attività in zona per Simmenthal !
In Marocco a procurare alghe per Simmenthal
 Presto, grazie alla conoscenza del francese, entrarono nella community europea e migliorarono notevolmente il loro tenore di vita “
Avevamo come donne di servizio due sorelle, Zhora e Tamò, il costo della vita lo permetteva perché era molto basso e lo stipendio era alto.”
In Marocco ebbe faticosamente la luce la loro unica figlia. Con la promozione ufficiale a direttore delle attività lo zio Gigi ebbe un congruo aumento di stipendio ed un cospicuo premio in denaro ed opportunità di vita come non aveva mai sognato poter raggiungere. Fu coinvolto in altre ricerche subacquee alle Azzorre, in Libia, Algeria e Tunisia. Ma “ Gli anni passavano, dal Marocco quasi tutti i francesi rientravano in patria e noi ci sentivamo sempre un più soli e verso la metà del 1970 decidemmo di rientrare in Italia”
Ritorno in Italia...
Ottenuto da Simmenthal il rientro in Italia, presso la sede di Monza, zio Gigi trasferì la famiglia Camogli, contando di raggiungerla nei weekend. Ma il suo calcolo fu presto annullato da Simmenthal, che gli affidò l’importante incarico di Capo dei Magazzini, ma con l’obbligo di reperibilità totale, anche nei festivi…
Zio Gigi si dimise immediatamente tornando a Camogli, dove si mise a cercare nuovi lavori.
Per un paio d’anni gestì i Bagni Boccadasse con annesso bar ristorante e rimessaggio barche, poi sommozzatore, massaggiatore in Svizzera e poi in una colonia di Uscio.
Per un altro paio d’anni rilevò e gestì un bar tabacchi in quel di Recco, poi ecco di nuovo la fortuna. Tornato a fare il massaggiatore, nel 1977 stava trattando un dirigente RAI, che considerate le prerogative ed esperienze di zio Gigi lo indirizzò ad un industriale milanese che cercava un “custode” guardia del corpo per il figlio ventottenne, in un’Italia allora caratterizzata da sequestri a fine di riscatto.
Il mio compito era quello di non mollarlo mai, dovevo svegliarlo al mattino e metterlo a letto alla sera.
Presi il porto d’armi, viaggiavamo in auto blindate e avevamo una scorta di due ex carabinieri  che ci seguivano ovunque”.
Tornato a fare il pendolare tra Milano e Camogli lo zio ebbe a girare l’Italia ed il mondo, sempre viaggiando al meglio, ospite dei migliori Hotel e ristoranti.
Avec le physique du role
Non contento, nel 1980 Gigi si comprò una gran roulotte per girare l’Europa durante le ferie…Nel 1985 il commenda padre lo convocò: aveva deciso di ritirarsi e cedere, prospettando a lui un lavoro in ufficio a Milano oppure la liquidazione più un anno di stipendio. Fatti i suoi calcoli Gigi accettò andando subito in pensione.
Se qualcuno avesse pensato che finalmente mi sarei messo un paio di pantofole per starmene a casa, si sbagliava di grosso.”
Lo zio intensificò così i suoi viaggi in roulotte e poi con un nuovo camper, acquistato nel 1987, Castelli della Loira, Bretagna, Normandia, Nord Africa, Irlanda, Scozia, Isole Orcadi, Austria, Croazia…”In Francia e Spagna eravamo di casa”.

Ma poi purtroppo iniziarono i problemi di salute della moglie.
Iniziò con seri problemi circolatori, che tuttavia riuscì a superare negli anni.
Poi a fine 2008 arrivò l’Alzheimer e la depressione…Nel 2012, di notte al buio cadde rompendosi un femore: ospedale…, catetere…, infezione vaginale…, febbre…
Quindi il dilagare dell’infezione…, la cancrena…, la setticemia…, ed infine…l’esito fatale ! Per cui lo zio Gigi esprime, oltre all’immenso dolore, il rammarico di come sembra sia stata poco adeguatamente curata la carissima moglie.
Con la carissima moglie.
Nel momento in cui fu informato della sua imminente fine cercò telefonicamente la filgia, ma non trovandola avverti la nipote Cinzia, che avevano sempre avuto cara come un’altra figlia, “con il suo compagno vennero subito. Dopo un po’ ci lasciarono entrare nella cameretta dove Aurora era praticamente già in coma. Aveva l’ossigeno ed una flebo al collo. Quando le dissi che c'era la Cinzia aprì leggermente gli occhi ed in nostra presenza di lì a poco cessò di vivere.
Scrivo queste righe e sto piangendo.
Ora Aurora riposa sotto un cipresso nel cimitero di Nervi”.
“P.S. Alcuni credono che quando uno muore, possa raggiungere i propri cari nell’aldilà. Io non ci credo. Ma se fosse vero, vorrei al più presto raggiungere la mia adorata Aurora e stare in eterno con lei.”

“Lo zio Gigi”
 
A Cannes, anni '50

Testo redatto in adattamento su blog di “the lonely dolphin”
* Lo zio Gigi fu assunto da Coca Cola grazie a mio padre, amico dell’italo americano che introdusse la bibita in Italia. Rammentando il quale nei miei post “momenti felici della memoria” palesai a mia Cugina Cinzia il collegamento, che mi permise di conoscere questa semplice storia, che considero tuttavia notevole per le tante, variegate implicazioni di vera, invidiabile vita vissuta.

Note:
Lo zio Gigi è stato recentemente insignito alla Medaglia d'Oro per il Valore Partigiano.
Alla consegna della medaglia  dovrebbe provvedere la ministra per la difesa Pinotti, che tuttavia continua a diferire la propria disponibilità.

Zio Gigi non nomina mai suo padre, marinaio quasi sempre lontano da casa (sopravissuto al drammatico naufragio ad opera degli inglesi, della nave Esperia che trasportava in nord Africa truppe italo-tedesche, ), spesso distratto in avventure extraconigali. Aveva invece un'adorazione per la madre, donna forte e coraggiosa, orgogliosa dei figli.