sabato 28 maggio 2011

LA NONNA GISELLA

LA NONNA "GISELLA"*: NOVECENTO ATTO 1°
* v.nota a fine racconto

Si, l'epoca ed i luoghi in cui si svolge il racconto sono esattamente quelli del film di Bertolucci !
Gisella nacque esattamente nel 1899 in quel di Montecchio Emilia, accanto al torrente Enza che divide le province di Parma e Reggio.
Montecchio resta sulla sponda "Reggiana", ma la maggior parte dei Montecchiesi che ho conosciuto, a partire dalla nonna Gisella, ambiscono definirsi "Parmigiani" ed a Parma facevano riferimento per ogni possibile necessità o frequentazione.
La Gisella si piccava anzi del suo essere "Parmense", avendo quasi il pudore di nascondere la reale ubicazione geografica delle sue origini, come se fosse disdicevole essere di Reggio, neanche si fosse allora già palesato un tale "Professor Prodi", reggiano da cui doversi opportunamente ed in ogni modo dissociare.
Ma Parma è tutta un'altra cosa, è la patria di "Peppino"Verdi ! (e di Giovannino Guareschi !), sede del gran Ducato di Maria Luigia, celebrato da Sthendal per la sua Certosa e quant'altro ! Fù ed è città di cultura e di business, patria del più grande formaggio del mondo, di grandi inziative industriali in campo alimentare e non solo, da Parmalat ad Arquati, grandi nel bene e nel...male. Patria di salumi soprafini, dal culatello al Felino...
Ecc.., ecc...
Anche Reggio, per carità, ha le sue belle prerogative, oltre a quella di essere la città più..."rossa "d'Italia. Ma Parma è un'altra cosa !
Gisella crebbe, unica femmina tra numerosi fratelli, in una famiglia ovviamente contadina della "bassa" pianura, dove il sole in estate picchia come un maglio, facendo andare in cottura anche i cervelli meno esagitati", come era solito ripetere Guareschi nei suoi racconti dedicati a Don Camillo e Peppone.
E tra i parenti di Gisella, fra sole e Lambrusco, più di uno finì con il risentire del "clima"...Mi raccontava di un suo fratello, temperamento anarchico votato al socialismo, che dopo il '22, quando arrivarono le squadracce "Fassiste" (vedi l'"Attila" di Bertolucci) a bastonare per conto dei proprietari latifondisti i contadini ribelli, lui che esattamente contadino non era, si ribellò in ogni modo, contrastandoli con il coraggio della follia irridentista, finchè non lo presero di mira e decisero di fargli la pelle.
Sentendosi braccato e definitivamente perso decise di suicidarsi : non mi avranno vivo! Ma per farlo scelse, tra i tanti più logici, il mezzo meno pratico ed efficace :
buttarsi dalla finestra, di esito quanto mai improbabile in una zona dove le case più alte non arrivavano che ad un "secondo piano"...
Testardo e determinato lui insistette, finendo col buttarsi...più volte dai 4 - 5 metri massimo che gli offrivano le costruzioni disponibili.
Essendo anche forte, gagliardo e resistente dovette ripetere l'operazione numerose volte, insistendo ad atterrare "di testa"...la cosa forse più dura del suo corpo !
Alla fine si trascinava carponi, già in gran parte stordito e fratturato, su per le poche scale per tuffarsi nuovamente, ma alla fine riuscì nell'intento.

Altro bell'elemento era il papà di Gisella, una specie di gigante forzuto cui la nonna mi diceva io assomigliassi. Il quale morì, Gisella era poco più che bambina, a 39 anni di "crepacuore".Questo il referto emesso dai "cerusici" di quel tempo.
Ma il suo crepacuore non aveva origini emotive, non causava da grandi dispiaceri o problemi esistenziali...Voleva solo dire che il suo cuore si era "rotto" in conseguenza degli sforzi fisici estremi cui il papà di Gisella si sottoponeva, così per scommessa !
Egli oltre al phisic du role ci aveva anche la "testa", il culto della propria forza fisica esibita ad oltranza, sopratutto se provocato da scommesse sempre più ardue dai compaesani divertiti ed alterati dai fumi di "Lambrusc"...
Lui era commerciante di vini e titolare di Osteria Trattoria, nella quale già lavorava la giovanissima Gisella, a dodici anni in grado di arrotolare i "cappelletti" contemporaneamente con due mani: nello stesso istante ne faceva uno con la sinistra ed un altro con la destra !Ciò che io poi la vidi replicare molti anni più tardi.
Come Oste e Trattore si sentiva anche in dovere di esibirsi ed intrattenere gli avventori, facendosi trascinare nelle prove e nelle scommesse sempre più assurde e di improbabile esito.
Come quella di sollevare un tavolo in legno massiccio dell'osteria con dodici uomini seduti sopra ! Si infilava sotto il tavolo e spingendo con gli arti verso la schiena finiva col sollevare il tutto di qualche centimetro, quanto bastava per vincere la scommessa, parliamo di circa una tonnellata o poco meno !
Oppure trainare un carro carico di botti piene vino sino alla stazione, mettendosi tra le stanghe al posto dei cavalli !
O ancora in stazione agganciare da solo, spingendolo a mano, un vagone carico al treno !
Una volta disse a Gisella:"vieni vè, che andiamo a vedere il mare"!
Ma non la fece salire sul treno, troppo banale: la montò sulla canna della sua bicicletta, un cancello di almeno 20 chili, e pedalando verso la Cisa, allora ancora infestata dai briganti, arrancò fino al mare !
Prima di morire giovane per "rottura del miocardio" aveva aperto una trattoria "Parmigiana" anche a Genova, città con cui già commerciava e fù li che dopo la sua morte finì Gisella.
Anche sua mamma morì giovane, di mal sottile (o tubercolosi), causa di decesso allora assai frequente; i giovani fratelli superstiti finirono allo sbando, l'eredità paterna fagocitata dai furbastri di turno in assenza di qualcuno capace di proteggerla. L’ osteria genovese finì nelle mani di una zia che, bontà sua prese Gisella con se a vivere, sopratutto a lavorare, sfruttando le sue notevoli capacità di cuoca e la sua… precoce avvenenza per servire tra i tavoli ed attirare i clienti.
A 14 anni Gisella era già sviluppatissima e dovette presto difendersi dalle avançes di avventori impudenti ed alterati dalle libagioni e lo faceva senza mezzi termini : più di una volta una pesante bottiglia di vino ebbe a rompersi schiantandosi sul cranio di qualcuno che aveva osato allungare le mani al suo passaggio ! La fanciulla imparò assai presto ad esercitare il forte carattere insieme al forte fisico di cui la natura l'aveva dotata.

La zia "scapolona" la condusse presto con se al ballo, per usarla a mò di richiamo per quei baldi giovani che a lei stessa sopratutto premevano...
Tra quelli un bel giorno Gisella ne notò uno, il più alto ed aitante, che tra gli altri la puntava (si, letteralmente, come si usava allora: l'invito al ballo si formulava puntando il dito verso la dama e talora più "cavalieri" si trovavano a puntare la stessa ballerina ed a lei toccava scegliere con chi danzare). Lei lo scelse e fù così che lui divenne poi nostro nonno Federico...

Ma per divenirlo la strada fù lunga, tormentata ed avventurosa !
Gisella infatti aveva una particolarità fisica del tutto atipica, imprevedibile in una maggiorata con la sua prorompente silouette: era sterile !
Lo aveva verificato partendo dal fatto che il suo ciclo mestruale non era mai iniziato.
I vari accertamenti si conclusero a Parma, dove un eminente ginecologo la informò, dopo averla attentamente visitata, che non avrebbe mai avuto figli.
Gisella si rassegnò a questa sua condizione, che probabilmente risultò quanto mai comoda per il suo nuovo amico, Federico, bel tipo, gran tombeur de femmes quanto mai alieno ad impegnarsi in legami matrimoniali !
Abilmente la convinse a cedere ai naturali impulsi che, oltre ai sentimenti premevano nei loro giovani corpi, tanto non correvano alcun rischio...

Ma la natura prima o poi si ribella e presenta il suo conto.
Non a caso la nonna Gisella era solita usare un'eufemismo tipico per la sua generazione, la parola "natura" per definire l'organo sessuale femminile…
Fù così che lei, pressochè diciotenne (ma da almeno due anni frequantava il baldo Federico) risultò essere un pò...incinta !
Tornò dal professore Parmigiano che l'aveva dichiarata sterile, il quale non ebbe che da constatare l'assoluta improbabile stranezza del fenomeno: si, inspiegabilmente la ragazza ci era rimasta...La studiò anche in Ospedale, come caso totalmente atipico,...ma la conclusione pratica...quella rimase.
Scandalo ! Nel 1919 una ragazza madre era considerata nel migliore dei casi alla stergua di meretrice !
Scandalo ! Il baldo Federico, fresco "Ardito", reduce degli Alpini della prima guerra mondiale appena terminata, si eclissò veloce e rapido come un..."dirigibile", immagine alata quanto mai rappresentativa della “moderna rapidità” di quei tempi.
A Gisella non restò che fuggire lontano da Genova.
A nascondere il suo peccato tornò nel Parmense, presso un'altra zia, defilata in quel di Zibello, patria gloriosa del culatello, dove nell'Aprile del 1920 nacque una deliziosa bambina, cui fù imposto il nome di Lidia, figlia del “peccato”!

Ma nel Parmense Gisella non restò a lungo, anche in seguito alle avançes del marito della zia, un simpaticone che, perduta per persa che fosse la giovane puerpera, tanto valeva approfittarne…e si prese anche lui la sua bella bottigliata in testa…
Gisella raccolse tutto il suo coraggio (e non era poco), la sua bellissima bimba e tornò a Genova, determinata a mettere Federico davanti alle sue responsabilità.
Federico, che era ben navigato in vicende di ogni tipo, essendo cresciuto alla dura e variegata scuola dell’angiporto Genovese e della trincea di prima linea a Caporetto e d’intorni, avvertito della Gisella che lo stava cercando si organizò al meglio per non farsi incastrare. Conoscendone il temperamento focoso ed iracondo la prevenne, andandole incontro per affrontarla, fiancheggiato da un paio di compari che, quando Gisella fù a lui vicina la bloccarono e perquisirono per verificare che non avesse il coltello od altra arma “per vendicare il suo onore”, come in uso a quel tempo…
Ma l’arma letale della Gisella risultò presto essere… Lidia, la piccola, bellissima bimba alla cui vista il rude e prode Federico disarmò ogni difesa, si sciolse e capitolò e capì di essere “padre”.
Così Gisella e Federico iniziarono a convivere con la loro figlioletta, nata solo per un errore della “natura” ( a conferma del quale errore Gisella continuò poi a non avere mai il ciclo mestruale !).

Rimasero insieme per oltre 60 anni, sopravvivendo dolorosamente all’unica figlia, prematuramente mancata, conducendo un menagè familiare caratterizzato da reciproca solidarietà alternata a continui e spassosi litigi, spesso basati sul nulla, alla stregua dei comici personaggi di tante vignette e commedie, rappresentanti copie in continuo alterco o discussione, tipo Tordella e Capitan Coccoricò del Corriere dei Piccoli, alla cui lettura mi iniziò proprio il nonno Federico, piùtosto che i personaggi marito e moglie delle divertenti commedie di Govi…cui Federico finì per assomigliare, se non altro nei modi e nelle battute che volutamente imitava.
Gisella dovette rassegnarsi da giovane alla compagnia di un marito che era assolutamente un brav’uomo, ma spesso si lasciava trascinare dalla “goliardia” compagnona dell’essere un “Alpino”, un “Ardito” ed anche un fascista di maniera…
Emblematica la sua partecipazione alla “Marcia su Roma”, dove mai riuscì a giungere, perso per strada tra bagordi, libagioni e fanciulle compiacenti…
Tornato infine a casa, tuttavia alticcio, raccontava Gisella impiegò la forza eccezionale che aveva nelle mani (me lo ricordo settantenne che rompeva una noce tra le dita di una sola mano!) per girare verso l’alto il rubinetto dell’acqua: gli dava fastidio che pisciasse in basso, posizione contraria ad una sana e mascolina erezione…

Come anche altrove ho raccontato, Gisella fù spesso in famiglia con noi, presso la figlia, con il ruolo ufficiale di “cuoca”, essendo estremamente dotata nell’arte culinaria: famosi molti suoi grandi pranzi a base di cappelletti in brodo, cima alla Genovese ecc…ecc…, che rendevano il meglio delle cucine regionali Emiliana e Ligure (ciò che non è poco!).
Ci seguì più o meno ovunque migrassimo, da Genova a Civitavecchia, La Spezia, Padova…”abbandonando” il “povero” Federico…che approfittava di buon grado delle sue assenze per indulgere a quel po’ di “libertà" che gli acciacchi dell’età ancora non gli impedivano di godere.
Credo che l’alternarsi di questi periodi di lontananza fosse decisamente salutare per un accettabile trend di rapporti della copia.
Comunque arrivava sempre il momento in cui la Gisella, “fatto il pieno” della nostra compagnia ( e noi della sua, talora…invadente) ripartiva per casa sua: “vado a vedere cosa combina quel pover uomo di vostro nonno”…

Fù sempre una donna molto attiva, anche fisicamente nonostante la mole, gran lavoratrice e sempre molto determinata. In più di un'occasione la sentii recriminare lamentando che, se avesse avuto un altro tipo di uomo che non Federico, lei avrebbe avuto certamente un successo garantito aprendo un suo "ristorante"...e sicuramente aveva ragione ! Non era infatti solo una cuoca eccezionale, capace di non buttare via nulla, riciclando al meglio qualsiasi elemento commestibile o quasi, aveva anche uno spiccato senso degli affari e dell'economia !
Ed era estremamente intraprendente.
Ebbi modo di osservarla accompagnandola al "Mercato Orientale" di Genova, accanto a via XX Settembre: girava tra i banchi indagando con l'occhio attento, perfino rapace, memorizzando merci, qualità, prezzi...
Poi veloce come un moderno computer risolveva l'equazione: prezzo-qualità media dei prodotti-ubicazione del banco e puntava decisa su quello, dove intraprendeva una trattativa levantina su prezzi e quantità,
e mentre il venditore si distraeva per pesare o dar retta ad un altro cliente lei, veloce come il fulmine ma imperturbabile come il cielo azzurro, acchiappava dal banco una o più manate di merce (frutta, verdura...) e se l'infilava nella borsa...!
La sua abilità in cucina non aveva limiti, anche nell'aspetto squisitamente "tecnico": riusciva a disossare un pollo senza perderne un lembo di pelle: lo spogliava letteralmente lasciando intera la sua "tutina" di pelle, abile e rapida come un chirurgo vascolare.
Una volta in Brianza, dove morto il nonno rimase più volte con noi per diverso tempo, mia moglie Wanda l'accompagnò ad acquistare la carne nella migliore macelleria della zona. Lei voleva prepararci la "cima alla Genovese" e chiese perciò un taglio fine e regolare, ben squadrato di non ricordo quale parte della carne di vitello. Il macellaio la guardava stralunato senza capire, essendo per lui quella una novità assoluta.
La Gisella lo aiutò a trovare quella carne e cercò di spiegargli come avrebbe dovuto tagliarla, ma inutilmente.
Allora perse la pazienza e davanti all'ormai molta altra clientela in attesa, con Wanda che non sapeva più dove andare a nascondersi,
la nonna Giosella partì spedita, andò dietro al banco, strappò di mano il coltellaccio al macellaio allibito ed impotente ed in quattro e quattro otto, con inusitata perizia, si fece il suo bel taglio perfetto dando una eclatante dimostrazione di grande abilità "chirurgica"...Applausi !
Poi tornarono altre volte da quel macellaio, ed ogni volta lui interrompeva di servire altri clienti, ed annunciando lo spettacolo, la inviatava a prendere il suo posto !
Quando Wanda ebbe modo di tornare da sola a quella macelleria fù sempre richiesta con preoccupazione di notizie "della nonna".
Che non solo spendeva cifre importanti, ma dava anche spettacolo.

Nel 1975, Federico morì più che ottantenne (ricordo che nei momenti di vaneggiamento che precedettero la sua fine, il cuore cui non bastava ormai più neppure il pacemaker, si rivedeva in trincea, davanti alla morte cui era sfuggito nel 15-18 e dal letto ci indicava una sentinella, allora colpita a morte e che ora, dopo 60anni lui stava raggiungendo…). Gisella rimase sola, tranne l’episodica compagnia della nipote Elisabetta, che per quanto si prodigasse non poteva assisterla come lei, sempre più noiosa, avrebbe preteso ed in parte richiesto.
Mario viveva a Padova ed era il più lontano. Io in quel di Como, la ospitai più volte, finchè fù in grado di muoversi, comunque spesso andavamo a trovarla.
Una mattina d’estate, Elisabetta era via in vacanza, non erano neppure le sei che la nonna ci telefonò: aveva fatto un brutto sogno, stava male…”Non ti preoccupare, stai tranquilla, arriviamo subito”. Alle 8 eravamo già da lei a Genova, approfittando anche del fatto che i nostri bambini fossero in vacanza al mare con la zia Bruna.
La rincuorammo ed accompagnammo fin quasi a sera, e fù allora che, inaspettatamente ci esternò tutto il racconto della sua iniziale avventura con Federico, l’illegittima nascita di mia madre Lidia, e tutto il colorito contorno che qui sopra ho cercato di riportare. Ci sarebbe voluto il registratore per cogliere appieno le notevoli caratterizzazioni di quella narrazione !
Io qualcosa sapevo, qualcosa avevo intuito, circa i difficili e diatribati inizi collegati alla nascita di mia madre, ma non immaginavo una “storia” così tipicamente stile “Novecento”!

Gisella morì qualche anno dopo, anche lei ottantenne, forse il giorno successivo a Natale, sola, in un ospizio di suore, legata al letto…
Ciò che dopo 32anni è ancora mio grande cruccio !
Ma non c’erano alternative, tranne una eroica impraticabile iniziativa…
Elisabetta le aveva provate tutte, ma non c’era soluzione per evitare il ricovero.
Fui presente anch’io una volta, quando stava cercando una badante disponibile ad accudirla: nessuna durava non riuscendo a sopportare…l’insopportabile Gisella !
Si presentò una signora che già mesi prima ci aveva provato: quando si ricordò di chi si trattava disse: “no, guardate, neanche se mi ricoprite d’oro !”
La nonna Gisella non era minimamente autosufficiente e di fatto ingestibile al di fuori di una struttura specializzata ed attrezzata. Così fummo costretti a percheggiarla in attesa che morisse…Sono parole dure, crude, ma è purtroppo la verità.
A Novembre, un mese o poco più prima che mancasse, trovandomi per lavoro non lontano da Genova andai a trovarla, senza preavviso. All’Ospizio, vicino alla Stazione Brignole, dovetti spiegare che ero il nipote che viveva lontano e che ero casualmente di passaggio. Mi fecero aspettare un buon quarto d’ora, ovviamente per renderla presentabile. Fù un incontro straziante: piangeva disperata, pregandomi di portarla via da li, che mi avrebbe dato utto il suo denaro…
Ne uscii distrutto, con in mente un’unica soluzione, quella che mi ribadii invano poco dopo, a Natale quando morì, avrebbe potuto essere la migliore: l’eutanasia !

La parola, il concetto sono estremamente forti, provocatoriamente inusuali, nel caso specifico apparentemente assurdi !
Ma provate ad immaginare: una grande festa a casa nostra, con tutti i nipoti e pronipoti radunati per festeggiarla, magari proprio in occasione del Natale…
Con la Gisella che può anche gustare per l’ultima volta i suoi cibi preferiti, circondata dall’affetto di tutti i suoi cari che inneggiano alla sua nota vanità e la celebrano in quanto capostipite, “nonna” di tutti i presenti…
Felice, inebriata, aiutata alla fine da quanto di più soft all’occorrenza, lei lascia felice e serena, nel pieno degli affetti familiari questa valle di lacrime…!
Averne avuto il coraggio ! Averne il coraggio !

Nò, non và bene, non è morale: assai meglio morire soli come cani, legati ad un letto anonimo, circondati da tristi, lugubri monache inacidite, sapendo che sei sola ed è Natale e nessuno, nessuno dei tuoi cari è li con te per festeggiarlo !

Mi spiace enormemente chiudere in un modo così triste un racconto per altri versi forse ameno ed edificante !
Ma la mia coscienza non riesce a rassegnarsi al conformismo del comune presunto volere e si ribella alla perbenista e vile crudeltà istituzionalizzata.

Per quanto mi concerne mi auguro, in assenza di un bel “colpo da restarci secco all’istante”, di avere la forza, la lucidità ed i mezzi per provvedere da solo, se e quando occorrerà.

The lonely dolphin.

Cantù 1975, piscina del Parco Consonni: da sinistra Valentina, Wanda con in braccio Gioel, Bruna e la "nonna Gisella" (dietro di lei si intravede Pericle in costume).

* La nonna Gisella fù nota come "Maria" per gran parte della sua vita. Solo negli anni '60 qualcuno la convinse, forse a ragione, che il suo vero nome, "Gisella" era più bello ed originale. Così da allora divenne "la nonna Gisella".

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