Brescia 1974: la strage di Piazza della Loggia
Arrivai a Milano, all’Hotel Adam, alle 14 circa.
Il portiere, forse prima ancora di salutarmi disse: “ha visto cosa è successo stamattina a Brescia ?, In piazza della Loggia? Hanno fatto scoppiare un’altra bomba… un sacco di morti...”!
Lo guardai allibito domandando a mia volta: “ a che ora? Io questa mattina alle 8 e mezza ero a Brescia, in Piazza della Loggia…”.
Risposta:“Accidenti ! No è successo più tardi, c’era un comizio…”
Ma io già pensavo a Fornari, mio collaboratore in zona, incontrato la mattina in Piazza della Loggia, per definire i termini di un incontro di lavoro che lui aveva nella tarda mattinata proprio li accanto la piazza, dietro ai portici, con il titolare di un negozio di. Incontro cui avrei dovuto partecipare anch’io, ma avevo già altro inderogabile impegno a Milano,alla stessa ora.
Solo a sera riuscii a parlare con Fornari al telefono, a casa.
Quando era scoppiata la bomba lui era a pochi metri, dentro al bar li accanto, entratovi per telefonare. E nel bar era rimasto poi bloccato per ore...Lo scoppio terribile l’aveva scaraventato a terra, tra i vetri infranti, con altra gente: grida, urla, pianti disperati…
Non si era fatto niente, ma aveva sfiorato la morte passando a pochi metri dalla bomba pochi istanti prima che esplodesse !
Quel pomeriggio, prima di riuscire a parlargli (non chiamai volutamente casa sua per non
allarmare la moglie), ricordai della sera prima, quando ancora ero a Brescia, alloggiato nel solito albergo in via Gramsci, nel centro della città.
Vi avevo anche cenato per poi uscire : forse andai al cinema, ma non credo, sicuramente feci una lunga passeggiata nel centro: un po’ di “vasche”, come al solito.
Sotto i portici risalii sino a Piazza della Loggia, poi ridiscesi via X Giornate e tornai al largo Zanarddelli. Mi trovai così a sorpassare 4 o 5 individui che parlottavano tra di loro e che notai per un non so che di particolare, qualcosa che poi non riuscii mai a ricordare: il loro aspetto poteva forse definirsi losco, vagamente allarmante, così come i toni di voce. Ed anche il modo con cui mi guardarono quando, affiancandoli, girai brevemente la testa per vederli, distrattamente.
Colsi solo alcune loro parole, che mi portarono a definirli, automaticamente, senza riflettere, “fascisti?”. Così, d’emblèe, automaticamente, senza riflettere, seguendo schemi di pensiero involontari.
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Per quanto poi mi sforzassi di ricordare, non mi venne mai in mente “quali parole”, quali
concetti esprimessero per indurmi a considerarli tali ! Mai più !
Ci ripensai tante volte, tante, ma non riuscii a rammentare “ quali parole”. Mai.
Mi restò solo l’idea, la valutazione, la definizione forse del tutto gratuita e preconcetta: “fascisti”! Un’etichetta giustificata ? Da cosa e perché?
Lacuna di memoria abbastanza strana, quasi il subconscio avesse voluto rimuovere dai ricordi le possibili conseguenze di quell’incontro…
Se il giorno dopo, 12 ore dopo, non fosse scoppiata quella bomba a neanche cento metri dal
luogo dove avvennel’incontro, un episodio del genere non l’avrei mai più ricordato!
Anche il fatto che io mi fossi ritrovato in quella piazza la mattina dopo, due o tre ore prima del botto, probabilmente contribuì ad esaltare il ricordo del fatto casuale della sera prima.
Ma non di ciò che fuggevolmente ed assai distrattamente mi capitò di udire !
Eccessivo definirlo “incontro”: io avevo fortuitamente affiancato, per 3 – 4 secondi, quelle persone e udito pochissime parole che poi non avrei mai più rammentato, gli avevo dato un’occhiata di sghembo, brevissima, se pur velocemente ricambiata con aria che colsi vagamente allarmata ed accigliata.
Ma la cosa, ancora oggi dopo 37 anni, mi frulla nel cervello: che cosa dissero perché io potessi definirli “fascisti”?
Io allora avevo 33 anni ed una formazione liberalradicale, se pur condizionata dall’assidua lettura di giornali come l’Espresso e, solo episodicamente Paese Sera ( il mio quotidiano di riferimento era banalmente il “Corrierone”…almeno fino a quando, 2-3 anni dopo, arrivò Repubblica ).
Oggi probabilmente avrei potuto quasi essere definito “politicamente corretto”, ma con molte sbavature. Certamente ero, come sono saldamente rimasto, anticomunista ed antifascista.
Ma il mio “antifascismo” di allora era decisamente preconcetto, romanticamente idealista, decisamente stereotipato e corrispondeva ad una visione estetica dell’essere dalla parte dei giusti: noi quelli buoni, loro quelli cattivi, sbagliati per definizione.
Anche per me allora, piazzale Loreto aveva conclamato il confine storico tra dittatura e libertà!
Vedevo a tinte forti: nero, rosso…. Seppure in nessuna di quelle sentissi mai di collocarmi. Ero in definitiva imbevuto di retorica “resistenziale”(Bella ciao, i partigiani, ecc…).
Solo più tardi, con una lenta maturazione revisionista, riuscii a cogliere altre tonalità di colore.
Quindi la mia istantanea, automatica, irriflessiva definizione : “fascisti”, era probabilmente condizionata da parametri di valutazione soggettivi, decisamente stereotipati ed aprioristici.
Peccato però che non riuscii mai a “ricordare” le parole udite, o ciò che esprimevano…!
Ma solo quella mia definizione: “fascisti”, riferita a sconosciuti, appena intravvisti, sfuggevolmente uditi!
In definitiva un’etichettatura forse gratuita
Mi posi comunque il problema, il caso di coscienza, se non fosse opportuno che io comunque dovessi denunciare quella mia esilissima esperienza alle competenti autorità.
Ci pensai a lungo, prefigurandomi cosa in definitiva avrei potuto raccontare di veramente utile e significativo: razionalizzando praticamente… nulla. O quasi. Non c’era verso che io ricordassi le parole udite ! Se poi avessi dovuto descriverli, l’identikit sarebbe risultato assai banale: 30 – 40 anni, statura medio alta, corporature proporzionate, capelli ed occhi scuri, forse qualcuno con i baffi… Chi più chi meno.
In quella descrizione ci stavo dentro anch’io, forse solo un po’ più aitante ed alto di statura.
Ci pensai e ripensai, fui anche vicino al decidermi,…ma avrebbe la mia potuto anche sembrare un’inutile, mitomane comparsata…Infine mi risolsi a farne nulla: mi aiutò il ricordo di un film di Alberto Sordi, “Detenuto in attesa di giudizio”…
Ma ora ricordo un altro ottimo film, tratto da un romanzo di Sciascia : “Una storia semplice”, per quello che accade al personaggio interpretato da Massimo Ghini…(*) molto aderente a quella che avrebbe potuto diventare allora la mia situazione.
Altre esperienze mi confermano che probabilmente mi sono evitato dei problemi e forse dei guai.
Il “dovere del buon cittadino”…Sì, ma credo che per compierlo impunemente, avrei dovuto come minimo farmi accompagnare da un buon avvocato, a mie spese…Anche perché io allora già avevo alle spalle una storia di indagini, controlli ed intercettazioni con tanto di “fascicolo rosso”…
Storia che sarà oggetto di altro specifico racconto. Il prossimo che andrò a proporvi. Sicuramente più interessante di questo. Del quale in conclusione: posso dire “c’ero anch’io” ? No, tu no ( Per fortuna)!
(*) Che, udito specifico appello alla radio in relazione ad un omicidio, si presenta volontariamente in questura per riferire fatti cui aveva marginalmente presenziato e finisce per essere fermato e sospettato del delitto…
Note storiche per chi non c’era o non ricorda.
La strage di piazza della Loggia a Brescia è una delle diverse stragi avvenute tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli ’80. Nella memoria si accumuna a quelle di Milano, piazza Fontana, quella del treno Italicus e quella della stazione di Bologna.
Avvenne una mattina di fine maggio 1974 e provocò la morte di 8 persone ed il ferimento di altre novanta, riunite dopo un corteo nella centralissima piazza Bresciana della Loggia per una manifestazione di sinistra contro le bombe “fasciste”, per denunciare l’omertà istituzionale che
pareva proteggere gli autori, ma soprattutto i mandanti di quegli attentati, nell’ambito di quella
che in quel periodo fù probabilmente “strategia della tensione”.
Le indagini, come per ogni altra strage, si persero in tante piste diverse, trovando protagonisti più o meno probabili, ma infine nessuna certezza. Diversi indagati riuscirono stranamente a fuggire, ad espatriare, a scomparire…Così come qualche testimone, stranamente, morì senza poter deporre.
Alla fine, dopo 15 anni di processi, la Cassazione mandò assolti i pochi imputati residui…
Rimase, più o meno, il ricordo dei morti.
Ciò accadeva in un’Italia dilaniata dal terrorismo. La conta delle vittime delle opposte fazioni, fascista e comunista, non credo sia mai stata fatta.
Sicuramente furono molte, sia nelle stragi bombarole di matrice“fascista”), che nei tantissimi attentati dei brigatisti rossi che uccisero o ferirono, spesso invalidandoli, poliziotti, magistrati, giornalisti, sindacalisti, insegnanti ed operai dissidenti dalla loro “lotta sociale”.
Tra i più celebri che ricordo Aldo Moro ed il commissario Calabresi.
Cesare Battisti, protetto prima dalla Francia ed ora dal Brasile, fù condannato in quanto autore e/o mandante di alcuni di quegli assassinii.
L’atmosfera di costante tensione e pericolo, era impregnata dalla soffusa, pesante nebbia di cospirazioni in atto, dai servizi segreti alle lobbies politiche, agli apparati militari, in permeante sentore di “colpo di stato”…
Che sembrò perfino fosse previsto, organizzato e…quasi tentato da Junio Valerio Borghese, ex repubblichino capo della Decima Mass, che aveva costituito un apposito comando.
Aggregazioni vagamente eversive ebbe anche la famosa Loggia P2 di Licio Gelli, la cui scoperta fù importante occasione di strage politica di diversi dei membri occultamente aderenti.
Più decisamente mirata all’intervento armato, già negli anni ’80, Gladio, l’organizzazione segreta dei “gladiatori”…volontari in addestramento per la difesa armata contro il comunismo.
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