mercoledì 18 maggio 2016

MEMORIE DI UN FUTURIBILE OTTUAGENARIO 2^ Parte

 MOMENTI FELICI DELLA MEMORIA 

2^ Parte (1955-1961)

 Inalavo a pieni polmoni l'aria primaverile della campagna, a cento metri dal mare, ricca di vegetazione, di orti, di piante mediterranee, su tutto il forte sentore dell'erba cipollina. 
Un mix di aromi, che dilatando le narici frementi invadeva totalmente il torace, ora finalmente libero di respirare fino in fondo, al limite delle suo ben ampio volume.
Sedevo accanto a mia madre, in un assolato, tiepido pomeriggio, all'ombra degli alberi, nel giardino della Clinique Saint Juliene, una decina di chilometri da Marsiglia, accanto al piccolo borgo marinaro in cui era nato Don Camillo, cioè Fernandel, suo famoso interprete cinematografico.

Arrondissement de la clinique


Tre settimane prima mi avevano operato, sei ore d'intervento, per asportare un adenoma bronchiale che chiudeva il mio bronco principale sinistro impedendo ormai da anni a quel polmone di respirare. Mi avevano aperto il lato sinistro del torace (64 punti di sutura) divaricando le costole e scoprendo anche il cuore, con un intervento maxinvasivo che solo qualche anno dopo sarebbe stato possibile ovviare per via broncoscopica, in day hospital.
Ma la broncoscopia allora era appena stata inventata dal marsigliese proff. Louis Metra, colui che mi aveva appena operato con l'assistenza del dott. Attilio Ferraris, suo allievo, primo broncoscopista italiano, che nel 1953 mi aveva salvato la vita, finalmente diagnosticando la mia patologia, dopo anni d'infinite analisi, consulti, radiografie, tante da farmi quasi diventare radioattivo !

Ma allora la broncoscopia, grossomodo un tubo da idraulico da 3/4 di pollice che venva infilato attraverso gola, nella trachea sino ai bronchi, con una mera anestesia locale preceduta da un' iniezione di morfina*, permetteva giusto di "vedere", ma non d'ntervenire, in particolare controllando le inevitabili emoragie.
La grande differenza arrivò poi con le fibre ottiche, che permisero tutta una serie d'interventi affatto invasivi, in quasi ogni parte del corpo, tramite un minimo foro attraverso il quale  inserire strumenti sempre più miniaturizzati e sofisticati, come il laser.
Avevo 12 anni e da almeno 4 la mia giovane vita era stata progressivamente condizionata da problemi broncopolmonari, per risolvere paliativamente i quali c'era solo la pennicillina, arrivata in Italia solo da pochi anni, di cui io fui costretto a fare uso massiccio, con pesanti controindicazioni...
MA ORA RESPIRAVO ! ! !

MA ORA RESPIRAVO ! E lo facevo a pienissimi polmoni !
Già pochi giorni dopo l'intervento il test dello spirometro aveva verificato il grande margine di miglioramento avvenuto dopo l'operazione, con mia grande gioia, a conferma della mia già meravigliosa sensazione di 
                        respirare"fino in fondo"!
Dopo un'altra settimana di fisioterapia e controlli, in totale rimasi a Marsiglia un mese, me ne ripartii dalla Clinique portandomi da solo la valigia, ben orgoglioso di farlo, 
essendovi giunto altrimenti debole ed asfitico.
Qualche mese più tardi già mi godevo finalmente il mare genovese, iniziando a nuotare da autodidatta il crawl nella nuova piscina da 25 mt. del sempre "nuovo Lido D'Albaro.
La vecchia piscina del Lido

L'anno seguente, a 13 anni, essendo sviluppato e cresciuto ben oltre i 170 cm di altezza, diventai il capitano della squadra di calcio della mia classe presso lo Champagnat dei fratelli Maristi: in una sola partita avevo segnato 5 gol e, sostituendomi al portiere, parato 2 rigori ! Io che per anni avevo dovuto guardare dalla finestra di casa i miei coetanei che giocavano a pallone.
Salivo e scendevo dai tram in corsa, saltavo il muro di cinta della scuola per non fare il giro da via Cavallotti, ero il primo nella risalita alla fune, il primo ad arrivare in cima alle colline, nelle gite ai Forti genovesi organizzate dai maristi.
Lo Champagnat dei Maristi com'è oggi.

Ricordo ancora il senso di totale pienezza, di salutare autonomia esistenziale, che provai qualche giorno prima di Pasqua, facendo a piedi un lungo giro delle sette chiese, a bordo di un paio di scarpe nuove fiammanti: l'aria che ora riuscivo ad inalare mi faceva sentire davvero come se indossassi gli stivali delle sette leghe, già tanto ambiti  dalla mia immaginazione infantile (v. prima parte delle Memorie).
Santa Marinella, la spiaggia del lido.

Nel 1955 ci trasferimmo sulla costa laziale, a Santa Marinella e Civitavecchia, dove trascorsi due estati indimenticabili. Avevo 14 anni e sentivo il mondo nelle mie mani, superavo ormai il metro e ottanta di statura ed ero molto portato per gli sport. Iniziai con il pugilato, di nascosto dalla famiglia, almeno finchè mi ruppero il naso (faceva parte dell'iniziazione). Così che poi i miei genitori mi deviarono a far pallacanestro e successivamente nuoto.
Facevo anche lunghe nuotate in mare, spingendomi ampiamente verso il largo, nel caldo mare di Santa Marinella, temendo unicamente l'incontro con le meduse. Sempre da autodidatta avevo ben perfezionato il mio crawl e fendevo l'acqua con lunghe, instancabili bracciate. Con la maschera mi immergevo ad almeno 12 metri di profondità e con il "pattino" (a Genova lo chiamavamo moscone) non mi stancavo mai di remare.
Le dolci, inebrianti serate sul lungo mare, sognando Scilla, avvenente ragazzina mia coetanea, già cortegiatissima ed ambita da tutti, ma che io, più imbranato che timido, non avevo il coraggio di approcciare !
Scilla, come mi apparì la prima volta.

E la sala attrazioni di mio padre, accanto al cinema estivo dell'arena, dove all'occorrenza lavoravo anche fino a tardi, talora stando alla cassa, ma sopratutto come adetto al tirasegno. Ma ero anche in grado d'intervenire,  se pur modestamente, sul funzionamento dei flippers e degli altri svariati giochi elettrici a fotocellula.
Ogni mattina c'erano gli allenamenti in piscina, nella vasca da 33 mt. sul lungo mare di Civitavecchia. Andavo bene sopratutto sui 200 e 400 mt., anche se avevo un ottimo spunto di velocità di base. Distanze per esprimermi nelle quali mi mancava però ancora un adeguata capacità di soffrire, riuscendo tuttavia ad ottenere tempi di buon livello per la mia categoria di età.
Mi capitò anche casualmente di gareggiare contro Giancarlo Pederzoli (poi divenuto famosissimo come Bud Spencer) sui 400 s.l., io l'ultimo dei pivelli, lui il grande campione, pluriprimatista (il primo italiano a scendere ufficialmente sotto il minuto nei 100 s.l.), reduce da un periodo di allenamento negli USA, che ci sbalordì esibendo la virata a capriola, che mai prima avevamo vista. Tutto ciò mi esaltava nel riscattare il mio recente passato di raggazzino sempre ammalato e sovrappeso.
La piscina di Civitavecchia oggi.

Ma quelli furono anche anni formativi per la mia crescita caratteriale ed intellettuale. 
A 15 anni frequentavo solo liceali più grandi di almeno 2 0 3 anni, che mi introdussero ad una maturazione  assai precoce. 
Un amico in particolare, compagno di nuoto e di rugby, mi iniziò al pensiero filosofico ed ai classici della letteratura mondiale, stimolandomi a considerare con la dovuta attenzione le opportunità che poteva offrirmi la mia biblioteca paterna, già ricca di opportunità, che io poi negli anni successivi provvidi ad arricchire con nuovi libri.
E quelle sere d'inverno, rincasando dalla palestra o dal campo di allenamento, ci attardavamo in lunghe escursioni sul lungo molo del porto di Civitavecchia, saltellando come caprioli sugli enormi blocchi di cemento frangiflutti, alla luce dei rossi fanali che ne tracciavano la diga, mentre quell'amico provocava la mia capacità di discernere e conoscere, istradandomi verso nuovi punti di vista in tema di etica morale.
Civitavecchia, il lungo molo del porto.

Ed io assimilavo, non senza criticare, mentre sentivo espandere la mia mente in nuove dimensioni, oltre il normale trend conservatore che l'educazione familiare, scolastica e sopratutto religiosa mi avevano sino ad allora imposto. E tutto ciò mi rendeva l'eclatante sapore della conquista e dell'emancipazione !

Nel 1957 tornammo in Liguria, a La Spezia, dove potei vivere gli anni della spensierata adolescenza nel fantastico contesto naturale che dal Golfo dei Poeti si estende verso le Cinque Terre a Ponente e Bocca di Magra a Levante. Ci arivammi a Gennaio, con l'aria frizzante dell'inverno che rendeva più terse le immagini, più vivaci i colori, del magnifico scorcio del Castello di Lerici, la chiesetta sul promontorio di Portovenere, la prospicente Isola della Palmaria e l'azzurrissimo mare, profumato di...mare.
Lerici: la spiaggia del Lido che io frequantavo e di fronte il Castello.
Visuali ed odori che i miei sensi ora intorpiditi dall'età, non mi permettono più di cogliere, ne oggettivamente credo siano più come allora, offuscati dal deterioramento del clima, dall'inquinamento, dall'eccessivo affollamento di gente, auto, navi, vaporetti, barche da diporto...
Per cinque anni, dai 16 ai 20 compiuti, in Primavera ed Autunno, spesso nel pomeriggio doposcuola, me ne andavo a Lerici, al Lido, oppure alla Baia Blu, per farmi ricche se pur fredde nuotate nel mare azzurro.
Cartolina dei "miei tempi": la passeggiata ed il Castello.

D'Estate ogni giorno nuotavo due volte, andata e ritorno (in totale 2 km e mezzo) dai bagni del Lido al Molo sotto il Castello, spumando bracciate vigorose e talora facendomi rimbrottare dalle sirene dei vaporetti di linea, da e per La Spezia e Portovenere, cui mi occorreva incrociare la rotta...E sotto il Castello facevo regolare allenamento di nuoto, nel campo di gara allestito lungo il molo tra due pontili gallegianti, come allora si usavano fare tutte le squadre di pallanuoto, quasi tutte giocatrici della serie "A", l'unica e più vicina piscina essendo quella di Genova Albaro, lontana oltre 100 km.
La sera ero inebriato di mare, di sole, di sale, che neanche più avevo voglia ne forze per lo struscio di "vasche" nella centralissima via Chiodo, all'inizio della quale abitavo, sopra piazza Italia.
Via Chiodo, i portici delle "vasche".

Mi divertivo anche con le immersioni subacquee e feci anche il corso per sub, indetto dalle officine Galeazzi, costruttrici di erogatori, bombole, materiali per le immersioni. 
Sperimentai anche un po di canottaggio: un amico, che non riusciva a trovare un compagno di voga della sua taglia, mi convinse ad affiancarlo sul 2 con, in quello sport durissimo ma esaltante. 
Partendo dalla sede della Cannottieri, accanto al molo Italia, aspettavamo la partenza del motoscafo di linea per Lerici, ingaggiandolo in una strenua gara, lunga ben 4 km., sino alla diga foranea del porto di La Spezia, menando palate alla morte, finchè tagliavamo il traguardo sempre primi, 
anche se vicini a morire per la terribile fatica.
Il Golfo dei Poeti, da Lerici a Portovenere e le isole di Palmaria e Tino.

Mi divertii molto anche con l'Atletica Leggera: arruolato dal Proff di ginnastica che mi indirizzò ai lanci, divenni presto campioncino locale di getto del peso e del disco, vincendo i campionati provinciali studenteschi, oltre a tutta una serie di gare, che mi collocarono tra i più forti lanciatori Juniores nazionali, per cui fui ripetutamente chiamato a fare i collegiali presso i nuovissimi impianti delle Tre Fontane, nella Roma Olimpica del 1960. 
Portovenere, la chiesetta con dietro la grotta di Byron e le 5 Terre sullo sfondo.

Avere 18-19 anni a Roma nel 1959-60 ! Mi sentivo veramente al "top" ! Già conoscevo la città per averla episodicamente frequentata nei 2 anni vissuti a Civitavecchia, ma quella fu un occasione straordinaria per visitarla e per viverla, se pur marginalmente respirando l'aria della "dolce vita" allora di piena attualità.
Roma, Trinità dei Monti, la scalinata sui cui nel 1960 "abbordai"una coetanea svedese.

Gareggiando in giro per l'Italia ebbi anche modo di conoscere e perfino frequentare il meglio dell' Atletica di quei tempi, inclusi anche diversi campioni Olimpici e momdiali: Adolfo Consolini, Silvano Meconi, Carlo Lievore, Livio Berruti, Salvatore Morale, sono solo i più importanti che io ricordo. Ma in particolare mi piace ricordare Carmelo Angelo Rado, grande discobolo erede di Consolini, che ancor oggi, a ben 84 anni suonati, riesce ancora a lanciare il disco da 2 kg. verso i 40 mt. !!! (I miei tendini lesionati e la cuffia destra dei rotatori della spalla rotta non mi permettono oggi di arrivare alla metà !).
Rado, che dopo 56 anni lancia ancora !

Ricordo anche con piacere lo spezzino Manlio Cristin, compagno di tanti allenamenti, più volte campione e recordman italiano di lancio del martello. Ricordo quella volta che in allenamento al comunale, quello del calcio, sparò un lancio fuori settore spedendo la palla di oltre 7 kg oltre le tribune, fuori dallo stadio ! Noi presenti restammo ammutoliti, terrorrizzati, in attesa di udire possibili disastrose conseguenze...Per fortuna quella sparata era volata oltra la strada provinciale ed oltre i successivo fossato, finendo a schiantarsi contro i solidi contrafforti delle mura dell'arsenale miltare !
Il promontorio di Portovenere e la Palmaria, viste da sopra la grotta di Byron.
Vivere allora a La Spezia fu per me una sorta di magia, ingigantita forse dagli anni più belli, quelli dell'adolescenza. Gite, avventure, esperienze allora giudicate eclatanti... Una volta tre uomini in barca, quasi alla maniera di J.K.Jerome, passando con la nostra lancia a remi in una sorta di buco sottostante il molo fortificato, violammo l'Off Limit del porto militare, e mentre ce ne andavamo tranquilli gironzolando in mezzo ad incrociatori, cacciatorpediniere e dragamine, quasi fummo arrestati da un motoscafo di guardia della marina militare, che infine ci lasciò andare rendendosi conto di aver incocciato tre innoqui pirlotti diciasettenni...
Giancarlo Giannini.

Uno di quei tre mi convinse poi anche a seguirlo alla scuola di filodrammatica del Dopolavoro della Marina Militare, dove per qualche tempo mi dedicai ad imparare dizione e recitazione. Il docente era un ottimo attore di quei tempi, mi spiace non ricordarne il nome, ma ricordo benissimo invece l'allievo più promettente, Giancarlo Giannini, solo pochi anni dopo assunto al ruolo di protagonista in tanto sceneggiati TV ed in moltissimi film di grande successo. Giannini, che era anche primo cugino di Claudio Sottocorona, mio assiduo amico e compagno di atletica, in quegli anni spopolava in qualità d'istrione nello spettacolo teatrale di fine anno scolastico, allestito a mo' di rivista, ottenendo particolare successo tra le ragazzine, le studentesse che sbavavano per lui.
Il mio gruppo di amici allora includeva sopratutto compagni di scuola: Fulvio Rossi, Tullio Torri, Enrico Stellini, Giancarlo Maria Sassi..., che erano anche compagni di gite, escursioni, avventure, divertimenti, e molto anche di sport.
Fulvio Rossi, che ho recentemente ritrovato tramite Facebook, rimane nel tempo il mio più "antico" contatto extrafamiliare con il passato, ed avemmo ulteriori occasioni, poche sfortunatamente, di frequentazioni, avendo lui come me sposato una ragazza padovana ed essendosi trasferito in Veneto.
La Spezia, il viale delle palme lungo mare.

Anche con Roberto Jachia fummo buoni amici, gli unici due di tutto l'istituto che uscivano nell'ora di religione, lui perchè ebreo, io perchè dichiaratamente ateo. Almeno fintanto che non incontrai Padre Masnovo, un arguto domenicano professore di religione, il cui approccio didattico totalmente finii per condividere, in uno stimolante duello verbale di pensiero, perlopiù contrapposto, sui temi dell'etica, delle religioni, della morale. Ad innescare il quale ero normalmente io..., mentre lui sembrava non attendere altro ! Erano allora i tempi della felliniana "dolce vita" (film rigorosamente vietato ai minori di 18 anni), la senatrice Merlin aveva appena obbligato la gran massa dei pecoroni ipocriti del parlmento italiano a votare la chiusura delle case di tolleranza, il "libero pensiero" iniziava timidamente ad affacciarsi alla ribalta dell'attualità, sotto l'energica spinta di personaggi come Bertrand Russel, al cui famoso testo "Perchè non sono cristiano", giusto allora giunto alle stampe in Italia, io assiduamente mi documentavo, facendone la mia prima
Sir Bertrand Russell
ispirazione per i duelli verbali in classe con Padre Masnovo.

La mia idilliaca esistenza spezzina fu unicamente funestata dalla scuola, che io sempre frequentai con scarso interesse verso la maggior parte degli insegnanti e con poca propensione verso alcune materie, ottenendo il riscontro di alcuni giudizi scadenti, ma considerandomi non senza presunzione ottimo autodidatta, in grado di apprendere e capitalizzare assai di più altrove. 
Come poi riuscii a di dimostrare in ambito universitario e lavorativo, partecipando con successo ad un infinita serie di corsi professionali e divendo infine io stesso docente di successo, in particolare quale responsabile dell'addestramento di una società multinazionale del petrolio.

Alla fine del 1961 lasciai La Spezia, così come l'Atletica agonistica, senza grossi rimpianti, seguendo la mia famiglia a Padova. Un paio d'incidenti ed un forte esaurimento nervoso mi avevano reso meno sensibile al disagio per quel trasferimento che mi allontanava dai luoghi in cui avevo vissuto alla grande gli anni fevolosi della adolescenza ! Tempi che poi sino ad oggi mi fu sempre assai caro ricordare con grande piacere.

Fine della seconda parte.
The lonely dolphin


The lonely dolphin. 
* V. su questo blog:"morfinomane a 12 anni"
    http://swimmingeorge.blogspot.it/2011/06/morfinomane-12-anni.html







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