Quella volta che incontrai Bonifacio.
(Segue la breve cronaca di una riesumazione, che per associazione d'idee
mi ha ricordato questo evento)
Febbraio 1974. Nostra madre non ancora
54enne, tuttavia bellissima era appena stata inutilmente operata per sospetti
calcoli alla
cistifelia. Inutilmente perché l’intervento evidenziò altrimenti
una metastasi
cancerogena inoperabile, probabilmente di origine pancreatica.
Lidia |
Disperato, ma con approccio risoluto, avevo affrontato il chirurgo che l’aveva operata
al S.Martino di
Genova, per capire se davvero non c’era nulla da
fare.
La
conferma mi fù ribadita con la drammatica precisazione: “anche mio figlio è
morto così”...!
Incapaci tuttavia di rassegnarci alla
terribile diagnosi
letale, con mio fratello cercammo d’informarci su ogni possibile
alternativa
che permettesse una qualche possibilità di
salvarla.
Gli unici punti di riferimento
terapeutico “alternativo”che allora avevamo erano il “siero
Bonifacio” ed il
dott. Azzolina.
Liborio Bonifacio di Agropoli era un
veterinario che negli
anni sessanta aveva realizzato come gli ovini non si ammalassero
mai di cancro.
Partendo da questa constatazione aveva elaborato una sorta di
siero in grado,
secondo lui, di sconfiggere il male del secolo.
Liborio Bonifacio di Agropoli |
A partire dal 1969, quando rese nota la sua
scoperta,
acquisì grande notorietà e fu oggetto di enorme attenzione, in
funzione dei
tantissimi disperati che a lui si rivolsero per ottenere una
cura ai limiti
dell'impossibile, e per la pressochè unanime condanna di tutta
la medicina e
farmacologia ufficiali.
I media ci andarono a nozze e per anni non
ci fù giorno in
cui il “Siero Bonifacio” non fosse alla ribalta di cronache,
rotocalchi, TV. I
dibattiti si sprecarono, così come le condanne dei maggiori
esponenti della
scienza medica. Ma d'altro canto si era formata un'ampia
moltitudine di
persone, ammalati, loro parenti ed altri ancora, favorevoli a
Bonifacio, il
quale dichiarava a favore del suo siero numerosi miglioramenti e
svariate
guarigioni.
Che queste fossero veramente tali e non
invece conseguenza
di effetto placebo non fu mai chiarito. Fatto è che perfino
anche alcuni medici
aderirono alla teoria del veterinario campano.
Il ministero
della salute, sulla
spinta mediatica dell'attenzione popolare, aveva autorizzato una
sperimentazione a campione,
che aveva dato esito negativo,
contestata da Bonifacio
per la metodologia adottata.
In
ogni caso moltissima gente disperata aveva in crescendo
continuato a ricorrere
a quel siero “miracoloso”, arrivado da ogni parte del mondo e
facendo di tutto
per procurarselo.
Bonifacio aveva una sua produzione, ma fiorirono in giro tutta
una serie di
imitatori, contraffattori, speculatori di ogni risma, pronti a
fornire, a
carissimo prezzo, bottigliette di ottima acqua, nel migliore dei
casi
distillata (la somministrazione prevedeva mere iniezioni
intramuscolari).
Infine Bonifacio fu diffidato dal “vendere”
il suo siero,
ufficialmente dichiarato inefficace, ma lui continuò
imperterrito a fornirlo
gratuitamente a chiunque glielo richiedesse. Certamente nella
decisione di
invalidare quel tipo di cura, e forse anche a rendere paliativa
la
sperimentazione ufficialmente testata, furono le sdegnate
filippiche dei
maggiori soloni della Medicina Ufficiale, che non potevano
assolutamente
concepire, tanto meno accettare, che un mero, insignificante
veterinario
riuscisse la dove loro continuavano da decenni a fallire:
sconfiggere del male
del secolo !
Noi buon conto, per quanto disperati, circa
l'efficacia
del siero ottenuto dalle capre restavamo tuttavia perplessi, per
quanto
asetticamente possibilisti, non favorevoli ma neppure prevenuti.
Nell'incertezza optammo per un indirizzo meno aleatorio,
comunque di più facile
verifica. Andammo a cercare all'ospedale di Massa Carrara, dove
operava,
l'eminente cardiochirurgo pediatrico dott. Gaetano Azzolina,
primo in Italia ad
intervenire con successo sulle malformazioni cardiache dei
bambini, stimato
sperimentatore ed innovatore formatosi negli U.S.A., fortemente
inviso ai
“baroni” del sistema sanitario nostrano, con i quali fu perlopiù
in aperta ed
aspra polemica.
Lo andammo a cercare per avere una sua
indicazione
specifica circa eventuali possibili tentativi applicabili al
caso di nostra
madre. Partendo da Genova mio fratello ed io in nemmeno due ore
arrivammo
all'ospedale di Massa, ma Azzolina non c'era,
Ci ricevette comunque, con grande apertura e
disponibilità il
suo primo assistente, che sentita la nostra relazione ci
confermò la
disperazione del caso. Il Pancreas allora era praticamente
inoperabile, solo
negli U.S.A., al National Cancer Institute si stavano tentando i
primi
trapianti, estremamente aleatori e con prospettive di
sopravvivenza
assolutamente negative, sia in termini di quantità che di
qualità. Tanto valeva,
concluse lui, tentare il Siero Bonifacio !
Ma
dove lo troviamo ? Mi risulta che sia disponibile in Svizzera,
rispose. Poi
dopo essersi molto gentilmente informato ci fornì anche
l'indirizzo di una farmacia
di Locarno.
La farmacia di Locarno |
Usciti dalla farmacia cercammo subito un
telefono. Rispose
personalmente Liborio Bonifacio, cui illustrammo brevemente il
caso e lui ci
confermò la disponibilità del siero, da lui direttamente
fornito. Domani
mattina presto siamo da lei, replicammo senza indugio.
Per
riuscirci dovevamo
percorrere circa mille chilometri, ma erano solo le sei di sera,
avevamo tutta
la notte per viaggiare.
Alternandoci alla guida della Mercedes di
mio fratello
alle sei del mattino eravamo davanti alla casa del veterinario
di Agropoli,
accompagnati dal clima mite di belle giornate di sole, ormai
quasi
primaverili di fine Febbraio.
Agropoli (Salerno) |
Bonifacio abitava in un palazzo
del centro, non
lontano dal mare, dotato di portineria. Essere arrivati la per
primi si rivelò
poi una fortuna. Non erano ancora le sette quando si fece vivo
il portinaio,
cui chiedemmo indicazioni per incontrare il dottor Laborio. Ci
fu subito chiaro
che era lui a gestire l' accesso alla casa del
veterinario...Senza indugio gli
misi subito in mano diecimila lire (100 euro di oggi), ciò che
automaticamente
convalidò la nostra precedenza di primi arrivati rispetto ai
tanti che già arrivavano ad affollare l'androne, alcuni giunti perfino dal Sud
America !
Alle otto in punto arrivarono anche due
vigili urbani, e
con quelli... come fossero attesi, il portiere ci fece salire.
Bonifacio venne
personalmente ad aprire e c'introdusse in un ampio, luminoso
soggiorno,
facendoci accomodare con lui ad un ampio tavolo quadrato, mentre
i due vigili
rimasero in piedi, accanto a noi, sempre in silenzio. Era chiaro
che quel
“servizio d'ordine” era stato imposto per controllare che non vi
fosse alcuna
transazione di denaro in cambio del siero. Il ministero della
sanità ne aveva
infatti proibito la vendita, ma il veterinario poteva comunque
cederlo a titolo
gratuito.
Bonifacio era esattamente come lo avevamo già visto tante volte in TV e nelle molte foto pubblicate dai giornali. Un uomo piccolo, grigiastro, più che sessantenne, palesemente segnato dalle vicende che lo avevano portato alla fama internazionale di eminente scopritore di una cura miracolosa, oppure, a seconda dei punti di vista, di grande cialtrone, illuso venditore di fumo e false speranze ad uso dei tantissimi disperati che non trovavano soluzioni nella medicina ufficiale.
Senza preamboli entrò nel merito.
Premesso che lui ci
avrebbe fornito gratuitamente il siero necessario per una prima
terapia, ci
chiese notizie particolareggiate sulla situazione di nostra
madre e ci fece capire che l'ormai avanzato stadio della malattia non lasciava
gran che spazio
alla speranza. Ci indicò tuttavia cosa avremmo dovuto farle:
delle semplici
iniezioni intramuscolari, prelevando la quantità necessaria dal
flaconcino che
aveva già pronto sul tavolo, due volte al giorno. Consegnatoci
il siero ci
accompagnò alla porta chiedendoci di aspettarlo al bar sotto
casa sua, che ci
avrebbe raggiunto subito, il tempo di fare due parole con quei
signori, i
vigili che ci stavano tenendo compagnia.
In effetti ci raggiunse subito, bevemmo un
caffè assieme,
facemmo ancora due chiacchere per cui ci ribadì la sua
disponibilità per
ulteriori informazioni, invitandoci a richiamarlo, anche per
fargli sapere se e
come il siero avrebbe funzionato.
Solo più tardi realizzammo tra di noi che quello
avrebbe potuto
essere il momento e l'occasione per
ringraziarlo...tangibilmente, passandogli
brevi manu del denaro, a nostra discrezione, ma concludemmo quel
ragionamento
dicendoci che avremmo senz'altro provveduto dopo la verifica dei
risultati.
Il lungo viaggio di ritorno, per quanto
fossimo stanchi e
provati, fù comunque facile, scorrevole, favorito da un'altra
bella giornata di
tiepido sole. Sfiorammo Napoli, Roma, Civitavecchia, Livorno, La
Spezia (in tre
di quelle città eravamo vissuti alcuni anni), giungendo infine a Genova
all'inbrunire del
pomeriggio, direttamente alla clinica Montallegro, recando il
prezioso siero
che avevamo durante il viaggio salvato da eventuali sbalzi di
temperatura,
conservandolo avvolto in una coperta, all'interno
dell'alloggiamento del
bracciolo del sedile posteriore dell'auto.
I medici interpellati rifiutarono, con
sussiegosa deontologia,
di applicare quel tipo di cura, “proibita” dalla medicina
ufficiale. Ma non fu
un problema, tutti noi sapevamo fare un'iniezione intramuscolare
e fu nostro
padre a provvedere, alla prima come alle successive.
Che fosse merito del siero o conseguenza di
un
aggravamento verso lo stato comatoso, da quel momento nostra
madre non ebbe più
bisogno di morfina.
Morì dopo una settimana o poco oltre, nella
tarda serata
di Sabato 3 Marzo 1974. Aveva 53 anni, portati meravigliosamente
sino a soli
pochi mesi prima. Noi figli eravamo tutti presenti, con nostro padre, al trapasso.
Io essendo rimasto
di turno al suo capezzale, le tenevo la mano già prima che
arrivassero gli
altri, ed ebbi quindi modo di sentire il forte fremito che la
scosse al momento
del decesso, quando...l'anima, comunque la vita..., abbandonarono
il suo corpo
mortale.
I cui resti, riesumati dopo 41 anni, ho
veduto la scorsa
settimana, Giovedì 5 Novembre 2015, al cimitero monumentale di
Staglieno.
Esperienza che descrivo qui avanti, in conclusione a questo post.
Il dottor Liborio Bonifacio
perseverò
nel lottare contro i mulini a vento della scienza ufficiale e
continuò a distribuire gratuitamente il suo siero ai tanti
disperati
che a lui continuavano a rivolgersi. Il gran clamore mediatico
che lo
aveva circondato finì presto con l'attenuarsi, fino
all'inevitabile
oblio. Morì nel 1983, ma la distribuzione continuò, a cura dei
suoi
figli, per ancora quasi 10 anni.
Recentemente alcuni promotori del suo
siero ne hanno ipotizzato il ritorno alla produzione, ma la
condizione posta dagli eredi è che ciò eventualmente avvenisse per
una distribuzione gratuita, nel rispetto della volontà paterna. Di
fatto poi null'altro sembra essere accaduto. Gratis è sempre difficile...Luigi Di Bella, medico, scienziato, ricercatore. |
Molto simile a quella di Bonifacio fu poi la vicenda del
“Metodo Di Bella”.
Il professor Luigi di Bella, medico studioso ricercatore, formulò un metodo basato su di una sorta di cocktail di farmaci ed integratori in grado a suo dire di far regredire il cancro, spesso sino alla guarigione. Anche in questo caso la scoperta provocò negli anni novanta grande clamore mediatico, dibattiti, levate di scudi, sdegnate reazioni dei soloni della medicina ufficiale, in testa Silvio Garattini, da sempre accanito custode degli interessi dell'industria farmaceutica.
Silvio Garattini |
Anche in quel caso vennero fatte sperimentazioni controllate dal ministero della sanità, allora impersonato da tale Rosy Bindi...
Che si conclusero con la bocciatura del metodo. Esito che venne decisamente contestato da Di Bella per come erano stati eseguiti gli sperimenti.
Rosy Bindi |
Anche in quel caso l'applicazione del metodo continuò comunque e fu brevettato da Antonio Di Bella, figlio dell'ideatore, dopo la morte del padre, avvenuta nel 2003.
Ma il fatto più clamoroso, vergognosamente sottaciuto dai media, è che subito dopo la sua morte il suo metodo venne convalidato dal proff. Veronesi, massima autorità internazionale della ricerca contro il cancro !
Veronesi convalida Di Bella postumo ! |
Riesumazione di mia madre.
"I becchini dovettero lavorare a lungo e duramente per aprile la cassa.
"I becchini dovettero lavorare a lungo e duramente per aprile la cassa.
Dopo oltre 41 anni il solido legno e la
zincatura erano ancora eccezionalmente resistenti.
Lontani qualche decina di metri sentivamo i
gran colpi degli addetti e le loro voci.
Infine scoperchiarono: “E’ ancora intatta !” E
poi rivolti a noi, da lontano : “E’ ancora intatta, volete vedere ?”.
Io solo mi avvicinai, molto perplesso per
quell’affermazione e per ciò che mi sarebbe toccato guardare.
Quasi subito capii che “intatta” per
i becchini voleva dire che c’erano ancora tutte le ossa.
Ma ciò che io vidi era un’altra cosa.
Nella bara scoperchiata c’era una sorte di
coltre indistinta, nelle tonalità del nero, grigio, marrone, probabilmente i residui degli abiti
che aveva indossato alla sepoltura, frammischiati
alla polvere dei tessuti organici.
Una coltre
non più alta di 10
cm., sotto la quale sicuramente
riposavano le ossa dello scheletro, non
visibili, la gabbia toracica probabilmente collassata con lo
sterno sulla colonna vertebrale.
Ma su in alto, perfettamente allineato e
composto, spiccava il teschio, intatto, nero, in cui risaltavva chiarissima la dentatura, del tutto
integra.
Nell’insieme un’immagine estremamente ieratica,
assolutamente dignitosa, come non avrei mai sperato di cogliere.
Una visione che, per quanto presupponessi
penosissima, mi ha altrimenti conciliato sentimenti positivi, a conferma di grande amore e
rispetto.
Per una bella donna, una grande signora, una
meravigliosa madre, mancata purtroppo ancor giovane, ormai
rimpianta da oltre 41 anni".
Pericle e Lidia, i miei genitori. |
Epilogo:
Soltanto dopo un lungo, tortuoso, estenuante ed esosissimo, folle iter burocratico siamo poi riusciti a recuperare, in "affidamento" le ceneri di nostra madre, cremata due giorni dopo la riesumazione, unitamente a quelle di nostro padre, lui già cremato subito dopo il decesso, avvenuto nel 1986 e tumulato nella stessa tomba della moglie per quasi 30 anni.
“CRONACA DELLA FOLLE BUROCRAZIA DEL CIMITERO GENOVESE"
Riesumazione di cadavere, incenerimento, recupero delle
ceneri...
Al monumentale di Staglieno e all'anagrafe eravamo già stati
diverse volte,
per un iter burocratico kafkiano, continuamente dirottati a
far code nell'intricodi uffici e pratiche sempre più assurdi quanto complicati,
pagando cifre esose, di entità ingiustificabili. Domande di riesumazione, di
cremazione, di affidodelle ceneri, compilando decine di moduli, spesso fuorviati
dall'incompetenza di addetti incapaci, spesso sedicenti tali nei confronti
degli “iter” successivi.
Labirinto cieco senza uscita ! |
saremmo mai riusciti ! Ma alla fine il miracoloso incontro
con un funzionario dell'anagrafe, sicuramente mal collocato in quella bolgia
d'inettitudine procedurale.
Stranamente bravo, intelligente, comprensivo, capace !
Grazie a lui, ci illudevamo, alla fine siamo riusciti a completare il nostro viaggio nel
labirinto dell'assurdo. Ma non era così.
Presenziando poi all’incenerimento dei resti, alla nostra
richiesta di quando potevamo recuperarne le ceneri ci risposero che sarebbero state
spedite a… Rapallo…perché “stavano facendo quelli di Rapallo”…
Dopo avere faticosamente
chiarito che ne noi né il cadavere incenerendo avevamo nulla a che fare con
Rapallo, ci fù comunque ribadito che la documentazione in nostro possesso NON era
sufficiente per l’affidamento.
Per ratificare il quale occorreva un ulteriore supplemento
di documentazione.
Ciò che, dopo una caotica ed incerta consultazione di
“pratiche” disordinate ci venne confermato dall’ufficio cimiteriale di Staglieno, che ci
suggerì di recarci immediatamente e per l’ennesima volta all’anagrafe di c.so Torino. Che
risultò però non essere aperta al pubblico, tranne bypassare l’usciere per raggiungere
l’ufficio 116, cripta forse conclusiva del tempio della burocrazia.
Dove ci fù ribadita la
quintessenza formale indispensabile a concludere il tortuosissimo iter burocratico, furono
sprecati ulteriore tempo ed altra carta
ancora, e finalmente (forse…) concluso l’intricato, assurdo,
pletorico rito, di fronte al quale le procedure borboniche ed i racconti della satira
kafkiana risulterebbero agili adempimenti informali.”
L’episodio dimostra ancora e di nuovo che l’Italia è
afflitta da tutto un mondo analogo, di burocrazia, d’inneficienza dannosissima, quasi unicamente
addetta a rubare enormi quantità di tempo a chi è costretto a subirla ed a pagare per
mantenerla, dove allignano menti contorte, sadicamente dedite a complicare tutto, se non altro per il sapido
gusto di esercitare il proprio “potere”, funzionale alla quintessenza della nullità totale,
tranne il danno arrecato alla comunità.
E c’è che continua a parlare di “riforme”, a promettere
vanamente sostanziali cambiamenti…